Ultimo aggiornamento: 09/11/2006 |
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Piergiorgio Odifreddi, “IL MATEMATICO IMPERTINENTE”,
LONGANESI & C., 2005-11-25 (Pagine 343) Credo
che l’illustrazione (di Federico Maggioni), presente in copertina, sia
molto eloquente: il pennino, che appare dorato, sembra sottolineare
l’innegabile erudizione, associata alla capacità
dell’autore di argomentare in modo chiaro (anche se, talvolta,
molto pungente!); tale pennino, Nell’
“Elogio dell’impertinenza”, Piergiorgio Odifreddi precisa che
nel 1848 il “Vocabolario di parole e modi errati dell’Ugolini
dichiarava: «Impertinente, per non appartenente, non può
dubitarsi che non sia buona voce; ma siccome nell’uso più comune si
adopera impertinente per arrogante e insolente,
conviene essere molto cauti nell’usarla nel primo significato».” Prosegue
affermando di non sapere quale dei due significati avesse in mente
l’editore che agli inizi gli attribuì la qualifica di ‘matematico
impertinente’, nel sottotitolo di uno dei primi libri divulgativi;
sicuramente qualcuno deve essere stato d’accordo su tale appellativo che
è diventato il titolo sia della rubrica mensile per Le scienze,
sia per questa raccolta. Piergiorgio
Odifreddi afferma di considerare l’impertinenza “come un buon modo, e
a volte l’unico possibile, di affrontare i problemi in maniera
pertinente” e la sente come “un imperativo morale e civile, in
entrambi i sensi dell’Ugolini”. Precisa di avere come modelli Bertrand
Russell e Noam Chomsky, non tanto per le loro posizioni politiche,
religiose e filosofiche, quanto piuttosto per la loro metodologia, su cui
concorda pienamente: la matematica, dalle forme pure della logica a quelle
applicate della scienza, viene considerata lo strumento di analisi
indispensabile, senza il quale l’impertinenza si ridurrebbe
esclusivamente a un puro esercizio (o a una mancanza) di stile. Ritengo
che l’obiettivo dell’autore sia quello di suscitare l’interesse
della popolazione riguardo alla ricerca scientifica, in modo che il popolo
possa prendere parte attiva, quindi non parassitaria, all’evoluzione
della tecnologia, per evitare che la società diventi formata solo da
“idiots savants”. Anche
in Italia l’”andata al popolo” dei professionisti della
scienza sta riscuotendo successi rincuoranti: libri scientifici che
raggiungono i vertici delle classifiche, folle di spettatori che Il
libro rappresenta una raccolta di saggi, tra cui sono presenti sia
interessanti interviste immaginarie a personaggi del passato (Hitler, Gesù,
Dante, Aristotele, Archimede, Newton) sia Il
contenuto e il tono possono essere non sempre condivisibili dai lettori,
ma si apprezza, comunque, l’onestà intellettuale di chi è convinto che
determinate affermazioni siano la deduzione logica di ragionamenti
approfonditi con impegno e serietà, ponendosi l'obiettivo di suscitare la
curiosità cognitiva del lettore, per indurlo ad avvicinarsi, con
interesse, alla cultura matematica-scientifica. Tra
le interviste immaginarie ho apprezzato particolarmente quella dedicata ad
Archimede, perché condivido
l’affermazione che Archimede rappresenti il più grande matematico che
sia mai vissuto e perché Piergiorgio Odifreddi ha saputo usare parole e
toni equilibrati, non pungenti, pur continuando a esprimere il proprio
punto di vista. Alla domanda: “Qual è il risultato al quale si sente più affezionato, o che considera il suo migliore?”, Odifreddi immagina la seguente risposta da parte di Archimede: «Il calcolo della superficie del volume e della sfera. […] Ho scoperto che se si paragona la sfera a un cilindro che la contiene esattamente, il rapporto tra la superficie della sfera e quella del cilindro è di due terzi. E anche il rapporto tra i volumi è lo stesso! Sono stato tanto soddisfatto di questo risultato, che ho chiesto che sulla mia tomba venisse scolpita una sfera dentro un cilindro, con la scritta 'due terzi'. Il tempo si è mangiato la lapide, ma non il teorema.» Altre
risposte ad altre domande prendono in considerazione, ad esempio, il
calcolo delle prime due cifre dello sviluppo decimale del pi greco, il
calcolo di quanti granelli di sabbia ci vorrebbero per riempire
l’universo, l’introduzione del concetto di limite, i teoremi di Gödel
e i calcolatori. Prima
che l’intervista sia conclusa, viene chiesto ad Archimede se si
riconosce nell’immagine e nella scritta che appare sulla medaglia Fields
(la quale costituisce il riconoscimento più ambito per i matematici
moderni): transire suum pectus mundoque potiri (“trascendere le
limitazioni umane e padroneggiare l’universo”). La risposta di
Archimede, immaginata da Odifreddi, sottolinea come quella scritta non sia
l’espressione della scienza dei greci che non volevano affatto
trascendere l’uomo, o padroneggiare la natura, perché si sentivano
parte di essa e cercavano solo di comprenderla usando la ragione. Benché alcune parti del volume nascondano, forse, l’intento polemico dello scrittore verso quelle che William James chiamava le “superconvinzioni” (metafisiche, aggiungo io), che ognuno ha diritto di possedere o meno, credo che l'autore sia consapevole di quanto le speculazioni metafisiche spingano la mente umana verso problemi fondamentali "che si rifiutano di dileguarsi nonostante tutti gli sforzi dei pragmatisti e dei positivisti per bandirli” (come sostiene Martin Gardner nella Prefazione al libro La quarta dimensione di Rudy Rucker).
Ringrazio
sentitamente Piergiorgio Odifreddi che ha letto e approvato questa
mia recensione, prima che fosse pubblicata. | |||||
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