Ultimo aggiornamento: 24/06/2004

 
Sezione curata da Maria Giovanna Melis
 
David Fontana, “Manuale di psicologia per insegnanti”, presentazione all’edizione italiana di Cesare Cornoldi - Edizioni Erickson
Piano dell’opera
Il libro è strutturato in maniera molto semplice. Nella prima parte vengono considerate le prime influenze ricevute dal bambino e cioè la relazione genitore-figlio, le dimensioni della famiglia e la classe sociale.
La seconda parte esamina i fattori cognitivi (vale a dire i processi mentali implicati nel pensiero, nell’intelligenza e nell’apprendimento) mentre la terza parte esamina i fattori affettivi (vale a dire i fattori emozionali che hanno a che fare con la personalità, gli atteggiamenti e i valori). La quarta parte considera i fattori interpersonali, cioè quelli coinvolti nelle relazioni dell’alunno con l’insegnante e con il gruppo classe e i fattori personali dello stesso insegnante, relativamente a quelle che sono le qualità che fanno un buon insegnante e ai modi in cui studiamo le interazioni fra l’insegnante e la classe.
Introduzione alla seconda edizione:
Sono state aggiunte nuove sezioni ad alcuni argomenti come, per esempio, l’attaccamento precoce, i gruppi etnici, i bambini trascurati, i conflitti scuola-famiglia, il linguaggio e la scuola, il comportamento verbale dell’insegnante, gli approcci alla personalità, la misurazione del Sé, lo status sociale, i ruoli sociali, le abilità sociali e lo stress dell’insegnante.
Dalla introduzione alla prima edizione:
“Questo libro ha lo scopo di familiarizzare il lettore con quelle aree della psicologia che rivestono maggiore rilevanza per l’insegnante. Vi vengono illustrate, quindi, non solo le questioni specificamente legate alla gestione della classe ma anche quelle connesse all’ambiente dell’alunno esterno alla scuola e alle percezioni e ai concetti che il ragazzo ha di se stesso. Il compito dell’insegnante può essere chiarito completamente soltanto se egli ha una conoscenza degli alunni come persone e non semplicemente come individui che trascorrono le ore stabilite seduti ai loro banchi. La personalità dell’alunno, la capacità di apprendere, la motivazione, i comportamenti interpersonali e gli atteggiamenti nei confronti della scuola si formano sulla base di una serie complessa di fattori interrelati che iniziano alla nascita (o perfino prima) e si estendono fino a comprendere ogni momento della sua vita.
Quando avrete finito di leggere l’opera dovreste avere un’idea di quali siano tali fattori e di come influenzino i comportamenti dell’alunno, e anche del ruolo che rivestite voi, come insegnanti, nel determinare questi comportamenti e del modo migliore di aiutare i ragazzi a beneficiare delle opportunità di apprendimento che la scuola offre.
L’applicazione della psicologia all’educazione ha una lunga e onorevole storia, poiché risale alla prima occasione in cui un adulto cercò di influenzare i comportamenti di un bambino. Ma è solo in anni relativamente recenti che l’associazione fra psicologia e educazione ha acquisito una solida base scientifica. Con ciò intendo che è soltanto negli ultimi 60 anni che la psicologia ha sviluppato la precisione scientifica e una metodologia che permettono di fare accurate generalizzazioni sul comportamento dei ragazzi e di fornire all’insegnante il tipo di informazioni necessario per consentirgli di prendere decisioni e fare valutazioni obiettive.
Ci viene detto, per esempio, che i bambini sono sostanzialmente onesti (o disonesti), che amano (o detestano) la disciplina, che hanno (o non hanno) il senso della giustizia e che apprendono meglio in ambienti informali (o formali), che sono influenzati (o non lo sono) da quel che vedono alla televisione e così via. Una scuola di pensiero sostiene che il comportamento dei bambini dipenda dai condizionamenti educativi, un’altra che essi abbiano la libera volontà di decidere per se stessi. Ci viene detto da una parte che le capacità come l’intelligenza sono largamente ereditate, e dall’altra parte che sono soprattutto il risultato di influenze ambientali. Non c’è quindi da meravigliarsi se, di fronte ad affermazioni così antitetiche, gli insegnanti inesperti si sentano spesso confusi e decidano che, in definitiva, faranno meglio a scegliere da soli rispetto a queste importanti questioni.
Sarebbe sbagliato sostenere che la psicologia moderna abbia risposte definitive per tutte le domande in cui ci imbattiamo in ambito educativo. […] E, in ogni caso, ci sono ancora molte lacune da colmare nella nostra conoscenza. Il comportamento umano è molto complesso e la sua misurazione e la sua valutazione possono essere condotte solo fra numerose difficoltà. Di fatto, forse è proprio questa estrema complessità a conferire allo studio della psicologia la maggior parte del suo fascino.
Ma la psicologia aiuta gli insegnanti a riconoscere i fattori che influenzano il comportamento e l’apprendimento dei ragazzi, e li assiste nello sviluppare strategie grazie alle quali possano fronteggiare meglio i compiti a cui si trovano di fronte in classe. Inoltre, essa aiuta l’insegnante a esaminare il suo comportamento professionale generale e a identificare le aree in cui questo può aver contribuito ai particolari problemi che si sono presentati.
Come viene ripetuto in continuazione in tutto il libro, la psicologia ci mostra che nessun comportamento degli alunni può essere compreso pienamente a meno che non studiamo anche il comportamento di altre persone – insegnanti, genitori, compagni – nei loro confronti.
Ogni individuo è al centro di un contesto complesso di influenze interrelate, ciascuna delle quali deve essere considerata se vogliamo comprendere come l’individua viva la sua vita.
Nel caso del bambino questo contesto assume particolare importanza. Fin dai primi stadi dello sviluppo, il bambino dipende enormemente dal comportamento delle persone che lo circondano.
Quando l’insegnante, per esempio, critica la prestazione del bambino in una particolare materia, quest’ultimo può avere l’impressione di non avere le capacità necessarie e le sue prestazioni future potranno di conseguenza essere anche peggiori. Se vogliamo aiutare un bambino a migliorare i suoi standard dobbiamo perciò appuntare la nostra attenzione non soltanto sulle sue lacune ma anche sul modo in cui l’insegnante, magari inconsapevolmente, può aver danneggiato la fiducia che il bambino nutriva nelle sue potenzialità.
La psicologia ci aiuta anche a rispondere ad alcune domande sulle origini delle differenze individuali. Siamo nati differenti o semplicemente diventiamo differenti come risultato dell’esperienza? Ponendo la questione in un altro modo, le differenze individuali sono determinate dalla genetica o dall’ambiente? Per differenze individuali intendiamo non solo l’intelligenza ma anche aspetti come la personalità, la creatività e le abilità motorie. Come vedremo, queste risposte sono di importanza cruciale per l’insegnante poiché indicano alcuni dei limiti all’influenza che l’educazione può avere. Se le differenze individuali sono soprattutto ereditarie c’è ben poco che l’educazione possa fare oltre a sviluppare quel che esiste già. Se, per converso, queste differenze sono preminentemente il risultato dell’ambiente, allora l’educazione ha potenzialità enormi di riorientare e modificare le conseguenze di uno svantaggio precoce e di aiutare tutti i bambini a raggiungere gli stessi alti standard”.

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