David Fontana, “Manuale di
psicologia per insegnanti”, presentazione all’edizione italiana di
Cesare Cornoldi - Edizioni Erickson
Piano dell’opera
Il libro è strutturato in maniera molto semplice. Nella prima parte vengono
considerate le prime influenze ricevute dal bambino e cioè la relazione
genitore-figlio, le dimensioni della famiglia e la classe sociale.
La seconda parte esamina i fattori cognitivi (vale a dire i processi mentali
implicati nel pensiero, nell’intelligenza e nell’apprendimento) mentre la terza
parte esamina i fattori affettivi (vale a dire i fattori emozionali che hanno a
che fare con la personalità, gli atteggiamenti e i valori). La quarta parte
considera i fattori interpersonali, cioè quelli coinvolti nelle relazioni
dell’alunno con l’insegnante e con il gruppo classe e i fattori personali dello
stesso insegnante, relativamente a quelle che sono le qualità che fanno un buon
insegnante e ai modi in cui studiamo le interazioni fra l’insegnante e la
classe.
Introduzione alla seconda edizione:
Sono state aggiunte nuove sezioni ad alcuni argomenti come, per esempio,
l’attaccamento precoce, i gruppi etnici, i bambini trascurati, i conflitti
scuola-famiglia, il linguaggio e la scuola, il comportamento verbale
dell’insegnante, gli approcci alla personalità, la misurazione del Sé, lo status
sociale, i ruoli sociali, le abilità sociali e lo stress dell’insegnante.
Dalla introduzione alla prima edizione:
“Questo libro ha lo scopo di familiarizzare il lettore con quelle aree della
psicologia che rivestono maggiore rilevanza per l’insegnante. Vi vengono
illustrate, quindi, non solo le questioni specificamente legate alla gestione
della classe ma anche quelle connesse all’ambiente dell’alunno esterno alla
scuola e alle percezioni e ai concetti che il ragazzo ha di se stesso. Il
compito dell’insegnante può essere chiarito completamente soltanto se egli ha
una conoscenza degli alunni come persone e non semplicemente come individui che
trascorrono le ore stabilite seduti ai loro banchi. La personalità dell’alunno,
la capacità di apprendere, la motivazione, i comportamenti interpersonali e gli
atteggiamenti nei confronti della scuola si formano sulla base di una serie
complessa di fattori interrelati che iniziano alla nascita (o perfino prima) e
si estendono fino a comprendere ogni momento della sua vita.
Quando avrete finito di leggere l’opera dovreste avere un’idea di quali siano
tali fattori e di come influenzino i comportamenti dell’alunno, e anche del
ruolo che rivestite voi, come insegnanti, nel determinare questi comportamenti e
del modo migliore di aiutare i ragazzi a beneficiare delle opportunità di
apprendimento che la scuola offre.
L’applicazione della psicologia all’educazione ha una lunga e onorevole storia,
poiché risale alla prima occasione in cui un adulto cercò di influenzare i
comportamenti di un bambino. Ma è solo in anni relativamente recenti che
l’associazione fra psicologia e educazione ha acquisito una solida base
scientifica. Con ciò intendo che è soltanto negli ultimi 60 anni che la
psicologia ha sviluppato la precisione scientifica e una metodologia che
permettono di fare accurate generalizzazioni sul comportamento dei ragazzi e di
fornire all’insegnante il tipo di informazioni necessario per consentirgli di
prendere decisioni e fare valutazioni obiettive.
Ci viene detto, per esempio, che i bambini sono sostanzialmente onesti (o
disonesti), che amano (o detestano) la disciplina, che hanno (o non hanno) il
senso della giustizia e che apprendono meglio in ambienti informali (o formali),
che sono influenzati (o non lo sono) da quel che vedono alla televisione e così
via. Una scuola di pensiero sostiene che il comportamento dei bambini dipenda
dai condizionamenti educativi, un’altra che essi abbiano la libera volontà di
decidere per se stessi. Ci viene detto da una parte che le capacità come
l’intelligenza sono largamente ereditate, e dall’altra parte che sono
soprattutto il risultato di influenze ambientali. Non c’è quindi da
meravigliarsi se, di fronte ad affermazioni così antitetiche, gli insegnanti
inesperti si sentano spesso confusi e decidano che, in definitiva, faranno
meglio a scegliere da soli rispetto a queste importanti questioni.
Sarebbe sbagliato sostenere che la psicologia moderna abbia risposte definitive
per tutte le domande in cui ci imbattiamo in ambito educativo. […] E, in ogni
caso, ci sono ancora molte lacune da colmare nella nostra conoscenza. Il
comportamento umano è molto complesso e la sua misurazione e la sua valutazione
possono essere condotte solo fra numerose difficoltà. Di fatto, forse è proprio
questa estrema complessità a conferire allo studio della psicologia la maggior
parte del suo fascino.
Ma la psicologia aiuta gli insegnanti a riconoscere i fattori che influenzano il
comportamento e l’apprendimento dei ragazzi, e li assiste nello sviluppare
strategie grazie alle quali possano fronteggiare meglio i compiti a cui si
trovano di fronte in classe. Inoltre, essa aiuta l’insegnante a esaminare il suo
comportamento professionale generale e a identificare le aree in cui questo può
aver contribuito ai particolari problemi che si sono presentati.
Come viene ripetuto in continuazione in tutto il libro, la psicologia ci mostra
che nessun comportamento degli alunni può essere compreso pienamente a meno che
non studiamo anche il comportamento di altre persone – insegnanti, genitori,
compagni – nei loro confronti.
Ogni individuo è al centro di un contesto complesso di influenze interrelate,
ciascuna delle quali deve essere considerata se vogliamo comprendere come
l’individua viva la sua vita.
Nel caso del bambino questo contesto assume particolare importanza. Fin dai
primi stadi dello sviluppo, il bambino dipende enormemente dal comportamento
delle persone che lo circondano.
Quando l’insegnante, per esempio, critica la prestazione del bambino in una
particolare materia, quest’ultimo può avere l’impressione di non avere le
capacità necessarie e le sue prestazioni future potranno di conseguenza essere
anche peggiori. Se vogliamo aiutare un bambino a migliorare i suoi standard
dobbiamo perciò appuntare la nostra attenzione non soltanto sulle sue lacune ma
anche sul modo in cui l’insegnante, magari inconsapevolmente, può aver
danneggiato la fiducia che il bambino nutriva nelle sue potenzialità.
La psicologia ci aiuta anche a rispondere ad alcune domande sulle origini delle
differenze individuali. Siamo nati differenti o semplicemente diventiamo
differenti come risultato dell’esperienza? Ponendo la questione in un altro
modo, le differenze individuali sono determinate dalla genetica o dall’ambiente?
Per differenze individuali intendiamo non solo l’intelligenza ma anche aspetti
come la personalità, la creatività e le abilità motorie. Come vedremo, queste
risposte sono di importanza cruciale per l’insegnante poiché indicano alcuni dei
limiti all’influenza che l’educazione può avere. Se le differenze individuali
sono soprattutto ereditarie c’è ben poco che l’educazione possa fare oltre a
sviluppare quel che esiste già. Se, per converso, queste differenze sono
preminentemente il risultato dell’ambiente, allora l’educazione ha potenzialità
enormi di riorientare e modificare le conseguenze di uno svantaggio precoce e di
aiutare tutti i bambini a raggiungere gli stessi alti standard”. |