Ivana Niccolai,
che ringrazio, ci segnala:
Mizio Ferraris,
“LIBERO DOCENTE – Lettera ad un preside”, Prefazione di
Tullio De Mauro, Fratelli Frilli Editori, 2002 (Pagine 187)
Il volume inizia con una lettera rivolta a un determinato preside di un
Istituto Magistrale (lettera in cui Mizio Ferraris comunica la sua decisione
di “lasciare la scuola”) e prosegue con racconti, riflessioni, brevi
sceneggiature e dialoghi che vogliono descrivere i motivi delle dimissioni
dall’insegnamento, volute dopo undici anni di servizio.
Nelle pagine del libro si percepisce il malessere della scuola italiana,
malessere avvertito soprattutto dai docenti.
Viene ricostruito il vissuto professionale dell’autore, raccontato con
estrema ironia, e, mi pare, con molta fantasia, per sottolineare la
disillusione di chi, animato da intenti didattici innovativi, vorrebbe
creare ponti e intese, abbattendo barriere tra ruoli diversi all’interno
della scuola, mentre deve scontrarsi ancora con una quotidianità scolastica
più attenta al rispetto di determinate formalità che all’analisi
approfondita dei contenuti che dovrebbero essere ricostruiti insieme con i
discenti, per un apprendimento creativo e adeguato alla realtà in perenne
trasformazione.
Si evidenziano, inoltre, alcune difficoltà, che i docenti devono affrontare
e condivido quanto espresso riguardo all’ardua impresa di organizzare un
orario che vada incontro alle esigenze di alunni e di docenti: l’unica
certezza è quella di “scontentare tutti”. A pagina 93 viene citato il
“gustosissimo” pamphlet sull’orario di Gianfranco Bo, di cui si può leggere
una versione, a uso della rete, al seguente indirizzo web:
http://digilander.libero.it/basecinque/latocomi/orariosc.htm
Dalla Prefazione: “[…] Ferraris racconta assai bene il suo
viaggio dentro la scuola. Il finale, sulle difficoltà di riuscire ad
andarsene fino al ringhio all’impiegato della Banca d’Italia, è memorabile,
quasi quanto il capitolo sul concorso. A parte questi e altri passaggi
esilaranti, oltre il tono ironico che corre in ogni pagina, questa
testimonianza dall’interno della scuola ha un pregio raro: viene non da un ‘umanista’,
come al solito accade, ma da un insegnante di scienze. […]”
Tullio De Mauro
inserisce questo libro nello “scaffale ideale della pedagogia di non
pedagogisti” ed è convinto che, da “rendiconti come questo”, si debba
continuare a cercare di trarre gli auspici, per una scuola innovativa. |