Ultimo aggiornamento: 23/09/2006 |
Sezione curata da Maria Giovanna Melis |
Nicola Santoro, che ringrazio, ci propone questa interessante lettura: Bruno D’AMORE “Le basi filosofiche, pedagogiche, epistemologiche e concettuali della Didattica della Matematica” , Pitagora, Bologna 2003.
Dalla presentazione di Mauro LAENG: “L’editrice Pitagora, che pubblica la rivista La matematica e la sua didattica e presenta un catalogo di una settantina di volumi su questi argomenti, ospita la maggior parte delle opere di Bruno D’Amore, Docente di Didattica della Matematica nell’Università di Bologna e in molti altri atenei e centri studi (a Bolzano, Urbino, Locarno, Alicante, Siviglia, Bogotà), soprattutto noto agli insegnanti italiani come direttore e animatore dei frequentatissimi Incontri con la Matematica di Castel San Pietro Terme. Il libro qui presentato è una guida alla lettura delle molte opere dell’Autore: ne riassume le impostazioni in un quadro unitario e fondativo, e indica le linee di sviluppo attuali della ricerca in argomento. Riconosce un particolare debito a Guy Brosseau, di cui cita largamente gli studi e il quale ha scritto la prefazione; ma valorizza altri autori francesi come G. Vergnaud, Y. Chevallard e R. Duval, e si avvale della collaborazione di colleghi spagnoli e sudamericani. Centrale nell’opera è il tema della concettualizzazione. Essa è lo scopo della didattica intesa non solo come teoria dell’insegnamento, ma anche e soprattutto dell’apprendimento attraverso la comprensione dei significati. Tra la gnoseologia realista (che in matematica conduce a intendere gli oggetti matematici come idee platoniche preesistenti) e quella pragmatista, che tende piuttosto alla costruzione graduale, D’Amore è per la seconda. Grande importanza ha nella costruzione dei concetti il passaggio necessario dalla semiotica alla noetica; in altre parole dai segni linguistici ai loro referenti logici. I registri semiotici usati, ovvero le diverse modalità linguistiche, condizionano non solo la comunicazione intersoggettiva e i rapporti istituzionali (come quello scolastico) ma anche la formazione dei «modelli» intuitivi e formali nel pensiero personale, facilitando oppure ostacolando la conquista dei concetti. Il libro rinvia alla lettura diretta delle opere dell’Autore, ma intanto fornisce una revisione degli indirizzi didattici, passati dall’epoca degli entusiasmi bourbakisti e insiemistici (cui non si è sottratto neppure Piaget), all’epoca degli «ambienti artificiali» e dei materiali «strutturati» (tipo Montessori, Cuisenaire, Dienes e Papy), ai «laboratori» bolognesi, alla scuola francese più recente cui D’Amore si ricollega. Particolarmente interessante è l’esame condotto da quest’ultima sulle procedure psicologiche effettive seguite dagli alunni nella soluzione di problemi, diretti o inversi, ritenuti difficili o impossibili, e su concetti che hanno storicamente stentato ad affermarsi, come quelli di infinito, di continuo, di zero, a tratti rifiutati e riabilitati. È notevole la resistenza dell’abitudine ad abbandonare i modelli adottati in un primo tempo e a ricostruire schemi nuovi che introducono a concetti più ampi e più potenti .” |