Ultimo aggiornamento: 24/06/2004 |
Sezione curata da Maria Giovanna Melis |
"I paradigmi fondamentali della formazione" di Eugenio
Bastianon, Armando Editore, 2002; Il testo è stato segnalato da Ivana Niccolai, che ringrazio e che ha scritto quanto segue: <<Si tratta di un testo complesso di ricerca, epistemologica, in pedagogia. Come afferma Umberto Margiotta nella "Prefazione": <<Abbiamo bisogno di un lavoro siffatto. Ne abbiamo tanto più bisogno quanto più esplicita e impellente si fa, giorno dopo giorno, la consapevolezza diffusa della centralità della formazione (non solo come esperienza, ma anche come "theorein" alle possibilità di equilibrio e di pace della società globale)>>. Ivana aggiunge: <<Appena saranno conclusi gli innumerevoli impegni di fine anno scolastico, preparerò un commento più dettagliato...>>. Agg. 08/06/04 - Ringrazio Ivana Niccolai, che scrive: Come promesso, vengo a relazionare, senza alcuna pretesa di esaustività, ( per poter apprezzare l' articolazione dei concetti presentati, vi consiglio la lettura diretta del libro!) sul testo, da me letto, che comprende una "Prefazione" di Umberto Margiotta e i seguenti tre capitoli: "I paradigmi della prassi educativa", "La pedagogia tra pratica e retroduzione" e "Costruire i saperi: insegnare e formare". Al termine di ogni capitolo, ci sono varie pagine dedicate alle "Note", che comprendono non soltanto i riferimenti a determinati autori citati, ma anche la bibliografia, a cui Eugenio Bastianon ha attinto, per lo svolgimento del suo accurato lavoro di ricerca e di riflessione. ...Nella "Prefazione", Umberto Margiotta sottolinea come lo spazio formativo enfatizzi "le categorie del possibile, della differenza, della relazionalità quali motivi centrali di una nuova progettualità formativa." Tale progettualità si articola nella dialettica tra "responsabilità" e "creatività", che istituisce la trama dell'evento formativo. Si prende atto della divaricazione tra chi vede la Formazione come azione rigorosamente pianificabile e chi ne evidenzia, invece, la discontinuità, l'aleatorietà, la creatività, tipiche di ogni relazione processuale umana, dove non mancano effetti inattesi. Si precisa che Freud ha incluso l' "insegnare" tra i mestieri "impossibili" e vengono evidenziati vari interrogativi aperti, tra cui spicca la questione dell'asimmetria della formazione; proprio intorno ai tanti interrogativi aperti, si dipana l'impegnativa e seria riflessione di E. Bastianon, che propone una ricostruzione dei paradigmi, i quali sono da ritrovare, a suo giudizio, a fondamento della comunicazione e dell'intenzione formativa. Si conclude sottolineando che c'è bisogno di un simile lavoro, essendo consapevoli della centralità della formazione (anche come theorein) alle possibilità di pace della società globale. Il primo capitolo si apre con una citazione, tratta da "L' assoluto pedagogico - Saggio sulla libertà in educazione" di R. Laporta”, in cui s'intende affermare un'identità propria, per la pedagogia, tratteggiandola come ermeneutica pedagogica, perché essa si propone come capacità di interpretazione dei diversi saperi, coinvolti nelle scienze dell'educazione, rendendo esplicite le connessioni di tali saperi ed esplicitando anche l'intersecarsi delle loro strutture concettuali. In tal modo l'ermeneutica pedagogica si propone come "theorein critico-pratico", ("theorein" dal momento che l'intenzione è quella di recuperare il tema dell'unità del sapere nelle scienze della formazione e promuoverne l'autocomprensione, "critico-pratico" perché si fonda sulla consapevolezza che le regole che presiedono e dirigono i saperi in quanto pratiche sono, aristotelicamente, quelle della saggezza che ne orienta l'azione.") theorein costituito nelle sue componenti di "prairesis (è la messa in opera del bene), fronesis (è la saggezza che conduce alla scelta deliberata del bene), ed epikeia (è l'equità, lo strumento con cui la fronesis realizza l'interazione dell'universale con il particolare." La fronesis è, per Ricoeur, "intelligenza dell'azione" L'autore analizza con attenzione le opere di Aristotele (in particolare gli "Analitici Secondi", la "Metafisica" e l'"Ethica"), per articolare il senso e il significato della prospettiva ermeneutica, che si fa, in certo qual modo, erede e interprete del programma pratico dello stesso Aristotele. L'ipotesi è che la pedagogia mutui dall'etica gli assi fondamentali della fronesis, la saggezza, dell'epikeia, l'equità, della prairesis, la scelta deliberata. Nell' "Etica Nicomachea" Aristotele aveva chiarito fin dall'inizio che ogni techne, ogni "arte e scienza" ha un proprio fine e, quindi, un proprio bene: la salute per la medicina, la ricchezza per l'economia, la vittoria per la strategia...Viene sottolineato come, per Aristotele, le virtù si acquisiscano con il prattein, cioè con il fare le azioni virtuose; si viene a instaurare un circolo ermeneutico: il bene ultimo, per essere conosciuto, ha bisogno delle technai e dei loro beni plurali e, nel contempo, i beni plurali trovano definizione completa solo alla luce del bene ultimo. Per Aristotele, l' "habitus" è quanto acquisiamo primariamente in campo etico, attraverso l'esercizio continuo della virtù. Si citano le parole di Tommaso d'Aquino: "Nihil est aliud habitus consuetudinalis quam habitudo acquisita per consuetudinem" Viene minuziosamente spiegato da Eugenio Bastianon in quale modo il movimento fronesis - epikeia venga ad assumere la funzione di uno dei paradigmi concettuali proposti dall'ermeneutica pedagogica. "Il circolo fronesis - epikeia è innanzi tutto il circolo che costruisce il sé come persona, in quanto circolo che garantisce l'unità dell'essere umano. In questo modo le scienze dell'educazione vengono sottratte dalla tentazione <<oggettivante>> tipica delle "scienze empiriche”, non trasformando l'educando in una "cosa". "Il movimento fronesis - epikeia è, secondo la situazione tipica della paedagogia perennis, il circolo che definisce il processo con il quale ogni educando, nella particolarità dell'epikeia, si riconosce e si autoprogetta responsabilmente, nel più ampio disegno della ricerca del bene-verità, della fronesis, nel rapporto con il maestro, come l'interazione in cui il maestro si offre al discepolo quale mediatore ottimale del processo con cui il discepolo ricostruisce il reale e si autoprogetta. In questo rapporto, il maestro è colui che garantisce che il prattein, che trasforma in abiti le virtù etiche e dianoetiche, sia conforme alla ragione e alla regola dell'epikeia. L'autore vede il "paradigma dell'intigo", che fa coesistere azioni contrastanti, come "il paradigma tipico del pensiero multidimensionale, capace di pensare insieme, anche nelle scienze dell'educazione, le pratiche quantificabili-formalizzabili e le pratiche non quantificabili-formalizzabili, superando con questo non solo le ipoteche neopositivistiche, presenti nelle scelte del programma di ricerca paidetico, ma anche l'antica distinzione segnalata da Michele Pellerey, tra scienze teoriche e scienze pratiche, senza perderne la specificità." Come viene precisato nel terzo capitolo, "nella tragedia greca, l'intrigo è il mytos che, mettendo in connessione ordinata gli eventi, i personaggi, i contrasti che animano l'azione, conferisce loro valore e significato effettivi, articolando, nell'unità di un unico prattein (fare), azioni che, altrimenti, rimarrebbero semplici frammenti." Eugenio Bastianon esplora la ricerca epistemologica da Charles Sanders Peirce a Wittgenstein. Nella ricerca peirciana la "retroduzione" occupa un posto importante. "La retroduzione è il risalire dal conseguente all'antecedente ed è il modo privilegiato di inferenza, di costruzione della realtà" e si sottolinea come il significato di una qualsiasi inferenza venga costruito nel praticarlo, nell'agirlo. Il processo di pensiero stesso si realizza pienamente soltanto nel farsi azione e nel trasformarsi in abito, "in matrice di altre credenze e di altre azioni". "L'articolazione del conoscere come pratica diventa in Peirce paradigma costruttivista, tanto che, alla fine, la realtà si identifica col suo modo di costruzione [...] La comunità rappresenta il momento essenziale della costruzione del sapere e Peirce indica quali sono i paradigmi fondamentali di tale costruzione: il trascendentale, il costruttivismo, la pratica, il falsificazionismo, i saperi plurali.” Attualmente sembra che il costruttivismo si affermi nella teoria dei sistemi autopoietici ("un sistema è autopoietico quando, in modo circolare, produce e mantiene i componenti che lo specificano, generando costantemente la propria organizzazione.") Il programma di ricerca Wittgensteiano mostra e tematizza la connessione del paradigma costruttivista con il paradigma della pratica.E' interessante il concetto di gioco, del quale è inutile cercare una definizione al di fuori dell'uso: può essere recuperata soltanto a posteriori, praticandolo."Il gioco è, alla fine, il modo in cui si articolano la complessità e la diversità dei linguaggi, dei saperi, delle culture nel loro concreto essere giocati - praticati e, quindi, costruiti." L'autore analizza il paradigma falsificazionista nei programmi di ricerca popperiano e lakatosiano, per introdurre, poi, la prospettiva dei saperi plurali offerta da Peirce, i criteri di scientificità proposti da H. Freudenthal , il programma di ricerca di Chomsky, il principio di autoriflessività (che a partire dal secoloXVIII tende ad affermarsi in tutti i sistemi), in modo che Eugenio Bastianon possa individuare tutti i possibili paradigmi - il movimento fronesis-epikeia, l'omologia tra costruzione dei saperi e costruzione della mente, il costruttivismo..."capaci di mettere in intrigo significativo la pluralità delle pratiche, che insistono sul campo dell'ermeneutica pedagogica." Si sofferma sulla teoria dell'"effetto di Edipo", per definire "l'influenza della previsione sull'evento predetto" dal momento che Edipo uccise il padre come effetto della stessa profezia, che aveva spinto suo padre ad abbandonarlo. "In questo modo noi apprendiamo dalle nostre ipotesi che genere di osservazioni dovremmo fare." Nel secondo capitolo viene sondata la pedagogia ermeneutica come theorein sui saperi, al fine di analizzare i processi di costruzione e di saggiare la possibilità di modellizzarli ai fini dei processi formativi. Sono interessanti le citazioni inerenti alle argomentazioni di A. MacIntyre, di Umberto Margiotta, di Sant'Agostino, di Maritain, per giungere al concetto di "pedagogia emancipativa" e viene assunto il paradigma della "cura" che in base alla ricerca heideggeriana è l'"aver cura" ("in cui la relazione mantiene l'alterità di Altri") da distinguere dal "prendersi cura", un cui l'altro diventa, invece, "cosa d'uso". L'autore accoglie la tematizzazione di Maritain riguardo alla “formazione alla libertà”, considerata come "quella progressiva, retroduttivamente articolata, scoperta ed esplicitazione di ciò che la persona è ontologicamente in quanto raggiunta dalla Grazia, che Agostino ha proposto nella figura del Maestro interiore". Nel terzo capitolo viene approfondito il paradigma dell' "intrigo" e viene presentata l'interazione insegnante-alunno, ben descritta dalla teoria Kellyana dei costrutti personali; si sottolinea, quindi, come l'insegnante, comprendendo l'alunno, modifichi l'alunno e se stesso e l'alunno , a sua volta, comprendendo l'insegnante, faccia altrettanto, modificando sé e l'insegnante. Per l'insegnare viene individuata una pluralità di contesti (contesto assiologico, formato dal sistema dei valori, contesto teleologico, costituito dalle finalità che caratterizzano l'insegnare, contesto sociologico e tecnologico, dato dalle relazioni connesse anche alle reti telematiche, connessione che conduce alla formazione del "multialfabeta", contesto psicologico, costituito anche dalle aspettative che sia l'alunno sia l'insegnante avvertono pesare su di sé, e contesto semiologico, formato dalla pluralità dei linguaggi e dei segni, che intersecano i linguaggi.) "Nell'insegnare come azione la nota teleologica è chiarissima: ciò che caratterizza l'insegnare sta, alla fine, oltre l'insegnare", in quanto è importante la trasformazione che l'azione dell'insegnare induce nel formando, interpellandone la libertà e provocandolo alle scelte. Citando John Henry Newman, l'autore confronta l'apprendimento-assenso nozionale con l'apprendimento-assenso reale e si sofferma ad analizzare i "saperi del comprendere" e i "saperi dell'obiettivare", concludendo che "avere a che fare con la verità significa avere a che fare con gli "strani anelli" (di cui parla Hofstadter), con le tensioni, le contraddizioni, le incongruenze e precisando che l'ermeneutica pedagogica invita i saperi dell'obiettivare ad evitare due forme di riduzionismo: quella dell'empirismo e quella del formalismo. L'ermeneutica pedagogica mostra che la dinamica fronesis-epikeia può aprire la ricerca della verità e dell'insegnare verso due dimensioni fondamentali dell'esperienza umana: il bene e il bello e "può essere la chiave di interpretazione dell'equilibrio tra l'unità e la particolarità dei saperi stessi, in modo che il funzionamento di ogni sapere non ostacoli l'interazione con gli altri saperi e, a sua volta, l'interazione non faccia perdere a ogni sapere la propria specificità." Ringrazio Eugenio Bastianon, che ha letto e approvato la mia recensione al suo libro. |