Ultimo aggiornamento: 04/10/2004 |
Sezione curata da Maria Giovanna Melis |
Una segnalazione di
Alberto Capitta, che ringrazio: Antonin
Artaud, 'Al paese dei Tarahumara', Adelphi, 1966 Al paese dei Tarahumara: un testo unico, assoluto, sconvolgente, in cui Artaud sprofonda nel labirinto della sua coscienza per restituirci l'immagine di un individuo capace di esplorarsi al suo interno sino alle estreme conseguenze. Nessun uomo o donna di teatro dal secondo Novecento in poi ha potuto evitare di fare i conti con la prorompente personalità di questo artista, creatore del Teatro della Crudeltà e ispiratore convinto di un'arte che è tutt'uno con la vita. Un uomo di teatro che qui non espone alcuna teoria teatrale perchè il teatro è ovunque, nel suo stomaco, nella pagina, nella terra. Alla ricerca continua di una pratica teatrale autentica egli ci conduce, attraverso queste pagine, al centro delle antiche usanze degli indios Tarahumara del Messico del Nord; ci conduce ai giorni della sua iniziazione al rito del peyotl, il magico cactus che porta la psiche a fondersi col gesto primordiale, fonte e radice di ogni atto scenico. Attraverso l'assunzione del peyotl egli, guidato dagli sciamani Tarahumara, ritrova il cerchio e il bastone, la croce, l'occhio, i simboli incorrotti di un teatro originario. Un percorso allucinatorio eppure lucido, incalzante, alla ricerca del Meraviglioso, l'abitante della nostra coscienza con cui oltrepassare le cose. Un percorso che conduce alla più assoluta eppure necessaria solitudine "poichè con il peyotl l'uomo è solo e senza padre, madre, famiglia, amore, dio e società". |