Ultimo aggiornamento: 11/04/2005

 
Sezione curata da Maria Giovanna Melis

Ivana Niccolai, che ringrazio moltissimo, ci propone:

Marshall McLuhan, "DAL CLICHÈ ALL'ARCHETIPO - L'uomo tecnologico nel villaggio globale", Titolo originale "From Cliché to Archetype", Traduzione di Francesca Gorjup Valente e Carla Plevano Pezzini, Prefazione di Gianpiero Gamaleri, 1970, SUGARCo Se EDIZIONI (Pagine: 270)

  Tale volume fa parte della Collana "Argomenti" diretta da Luciano Pellicani e Paolo Flores d'Arcais

  Come viene precisato in Una riflessione preliminare di Gianpiero Gamaleri, "[...] a ben guardare, l'intera opera di McLuhan è stata un tentativo di servirsi della scrittura - e anche della grafica, del disegno, dell'impaginazione - per mettere in discussione il modello stesso della comunicazione stampata [...]

  Howard Luck Gossage, direttore di un'agenzia pubblicitaria di San Francisco [...] considera Dal cliché all'archetipo il titolo principale tra le opere di McLuhan. Egli cerca di darne una spiegazione ricorrendo a un'immagine estremamente pratica e persuasiva. «Per cliché - egli scrive - McLuhan intende ogni elemento completamente integrato in un ambiente; un elemento onnipresente che non viene più notato da nessuno. Si riprende a notarlo solo quando l'ambiente cambia e quell' elemento diventa il «contenuto» di un nuovo ambiente e nel contempo una nuova forma artistica. Se la vostra camera ha una tappezzeria stampata a grandi fiori rosa - scrive Gossage - all'inizio vi colpirà, ma alla lunga non vedrete altro che una tappezzeria. Ma supponiamo che un giorno decidiate di tappezzare di nuovo la vostra camera, conservando però un quadrato della tappezzeria precedente per farlo incorniciare. Quel quadrato non è più una tappezzeria, ma il contenuto di un nuovo ambiente.

  Ma è capitata anche un'altra cosa: quel quadrato è diventato una specie di forma artistica. Se ha successo, se la si ammira, se la si copia diventerà un archetipo. L'archetipo d'oggi è l'arte di ieri, il cliché dell'altro ieri e le dernier cri del giorno precedente». [...]

  Bisogna passare da una concezione contenutistica a una concezione processuale del mondo: la dialettica cliché-archetipo ne è la riprova, potendo lo stesso oggetto avere ora l'una ora l'altra connotazione a seconda della dinamica del contesto. L'aspetto ordinario dell'esistenza è costituito da una serie infinita di gesti e di ambienti che la coscienza non nota perché la loro onnipresenza li rende impercettibili. Questi sono i cliché.

  Ma quando per qualsiasi motivo si fissa l'attenzione su di un cliché, lo si illumina, per così dire, con un raggio di energia, che mette in luce di esso i più antichi significati. Il cliché, così rinvigorito, si presenta a questo punto alla coscienza sotto forma di archetipo. Permane l'oggetto, ma varia la relazione che instauriamo con esso: «Gli oggetti ci sfuggono - ha scritto McLuhan -. Solo  i loro reciproci rapporti ci si manifestano compiutamente». [...] 
  Capire e vivere il proprio tempo vuol dire trascorrere, in tutte le esperienze che facciamo, dall'abitudinarietà del cliché alla forza dell'archetipo.[...]

  Lo scoprire la dimensione di archetipo che è racchiusa in ogni cliché costituisce dunque un impegno esistenziale che tocca tutti i campi in cui si esercita la nostra esperienza.[...]"

   Dalla quarta di copertina: "Dal cliché all'archetipo costituisce uno dei tentativi più riusciti di McLuhan di sfuggire all'«ordine letterario», di evitare uno sviluppo di argomenti legati da espliciti nessi causali. La stessa successione alfabetica del materiale si rivela un espediente per sostituire la casualità alla causalità, tanto intimamente legata, quest'ultima, alla tecnologia gutenberghiana della riga stampata. È questo un libro che può essere veramente aperto a qualsiasi pagina e iniziato da qualsiasi «voce».

  «Si tratta - come osserva nella riflessione preliminare Gianpiero Gamaleri - di una successione di riflessioni che cerca in ogni momento, per la sua stessa architettura, di rompere lo schema lineare della scrittura, stabilendo una dialettica originale fra parte e tutto, coerentemente allo sforzo di "trasfigurare" ogni cliché in archetipo, ogni "immagine" abitudinaria e scontata in elemento originale e significante. Non è un puro gioco intellettuale. Assumere questa impostazione, cogliere questi nessi significa alimentare anche il nostro impegno gnoseologico e morale. Capire e vivere il proprio tempo vuol dire trascorrere, in tutte le esperienze che facciamo, dall'abitudinarietà del cliché alla forza dell'archetipo. Lo scoprire la dimensione di archetipo che è racchiusa in ogni cliché costituisce dunque un impegno esistenziale che tocca tutti i campi in cui si esercita la nostra esperienza. Anche se questo libro-non-libro ha come mondo privilegiato di osservazione l'orizzonte culturale di McLuhan, cioè la sua passione letteraria, il suo insegnamento è tendenzialmente globale e investe ogni aspetto della nostra vita».
 

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