Ultimo aggiornamento: 23/05/2006 |
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Margherita Palumbo,
“IMMAGINAZIONE E MATEMATICA IN KANT”, Biblioteca di
Cultura Moderna Laterza, Prima edizione 1985 (Pagine: 114) Nell’Introduzione l’autrice sottolinea come il concetto di immaginazione (Einbildungskraft) costituisca uno dei punti più complessi dell’intera filosofia kantiana. Le posizioni diverse, che Kant ha al riguardo, e la molteplicità delle funzioni, ad essa attribuite, “rappresentano delle notevoli difficoltà per un’analisi dell’immaginazione kantiana. Inoltre, la sua collocazione «intermedia» tra le facoltà conoscitive ha dato origine alle più discordi linee interpretative. Si passa, infatti, da interpretazioni che annullano ogni autonomia dell’immaginazione, a tutto vantaggio dell’intelletto, ad altre che, invece, scorgono in essa il perno dell’intera conoscenza umana”. L’analisi
di Margherita Palumbo non è, comunque, rivolta a stabilire, in modo
definitivo, il «posto» dell’immaginazione, definita da Heidegger «facoltà
senza patria», ma l’intenzione dell’autrice è quella di operare una ricostruzione
all’interno della Critica della Ragion pura, per ricercare
una teoria unitaria dell’immaginazione. Nella
Critica Kant attribuisce all’immaginazione quattro tipi
principali di sintesi: sintesi
della apprensione (sintesi produttiva di immagini) sintesi figurata sintesi
schematica (funzione produttiva di schemi) sintesi
costruttiva (a cui spettano tutte le costruzioni geometriche e
simboliche) Tali
sintesi rivelano, nel corso dell’analisi effettuata dalla Palumbo, delle
caratteristiche e funzioni identiche e viene messa in luce la specificità
dell’immaginazione nei confronti della funzione intellettuale e, quindi,
si evidenziano le ragioni per cui Kant non può esaurire la sua fondazione
della conoscenza nel solo riferimento all’intelletto e alla
sensibilità. In
questa ricostruzione dell’attività immaginativa, assumono importanza
centrale le teorie dello schematismo e della costruzione matematica, “a
lungo trascurate dalla critica per una loro presunta oscurità o
infondatezza.” Le
nuove tendenze interpretative “hanno determinato una diversa
impostazione dell’esame della funzione immaginativa. Non si tratta più,
infatti, di interpretarla come un’attività «inferiore», di limitare
la sua attività alla produzione di immagini, o di dover determinare il
suo status di facoltà. Essa è ora vista come funzione produttiva di
schemi, costruzioni, modelli, descrizioni,
come la funzione sintetica a cui spetta, ricorrendo a un termine usato
dalla critica kantiana più recente, un Ûbersetzungsprozess, un processo
di traduzione. Essa opera, da una parte, una «traduzione» dei nostri
sistemi concettuali, delle nostre costruzioni formali, in se stessi privi
di qualsiasi interpretazione, in una forma che li renda applicabili alla
realtà, facendone, quindi, delle descrizioni del mondo”. | ||