Ultimo aggiornamento: 18/09/2004

 

Piergiorgio Odifreddi “IL DIAVOLO IN CATTEDRA – La logica da Aristotele a Godel”, Biblioteca Einaudi, 2003

Come precisa l’autore nell’ Introduzione, questo libro rappresenta nel contempo sia un testo di divulgazione sia un manuale di studio, “nel quale i matematici possano scoprire la filosofia che ignorano e i filosofi trovare la matematica che non conoscono”.

Avendo considerato che i potenziali lettori della logica  possono essere divisi “in partes tres”: spettatori, dilettanti e professionisti, nel libro vengono offerti aneddoti e racconti storici per suscitare l’interesse dei primi, inquadramenti filosofici per incuriosire i secondi, teoremi e dimostrazioni per soddisfare le esigenze di rigorosità di metodo degli ultimi. I capitoli più tecnici sono contrassegnati con un asterisco, in modo che possano essere dapprima tralasciati e letti successivamente.

Nel “Preludio all’inferno”, vengono citati due episodi rivelatori della natura logica del diavolo. Il primo è tratto dal canto XXVII dell’Inferno di Dante e fa riferimento all’anima del frate Guido da Montefeltro reclamata da San Francesco e dal Diavolo. In vita Guido ha ucciso un uomo su mandato del papa, ricevendo da Bonifacio VIII un’assoluzione preventiva. Il Diavolo ha la meglio, perché offre una dimostrazione basata sul principio di non contraddizione dicendo “assolver non si può chi non si pente, né pentére e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente” (Infatti, per essere valida, un’assoluzione richiede il pentimento e non si può essere davvero pentiti di un fatto che si vuole, comunque, commettere). L’affermazione del Diavolo “Forse tu non pensavi ch’io loico fossi” è decisamente significativa.

La seconda citazione riguarda un particolare episodio del Faust di Goethe, in cui Mefistofele, assunte le sembianze del professor Faust, suggerisce a una matricola, che chiede consigli per il suo piano di studi, di iscriversi prima di tutto a un corso di logica. 

Nel primo capitolo si precisa che etimologicamente “la logica è lo studio del logos” e ricordando che l’originale greco logos può essere inteso come “parola”, “ragione”, o “frazione”, ne consegue che lo studio della logica possa essere intrapreso seguendo almeno tre vie: linguistica, filosofica e matematica. Questi tre studi “vanno intesi in sensi complementari e non contrapposti, come dimostra la loro simultanea compresenza  nelle opere di coloro che possono essere considerati, rispettivamente, il fondatore e il rifondatore della logica: Aristotele nei tempi antichi e Frege in quelli moderni”.

Nel secondo capitolo viene minuziosamente analizzata la via linguistica, che ebbe molta influenza in quelle culture che diedero importanza ai dibattiti e all’arte della dialettica e si sottolinea come nelle argomentazioni più che aver ragione conti riuscire a ottenerla.

Si analizzano, poi, gli abusi retorici: ad esempio si commette una petitio principii quando le conclusioni da dimostrare vengono assunte come premesse («Dio esiste perché lo dice la Bibbia, che non mente perché è parola di Dio») e la negazione “presenta la tentazione di argomenti ad ignorantiam, in cui ciò che non si sa essere vero viene asserito come falso e viceversa. (Il massimalismo considera permesso tutto ciò che non è espressamente vietato, invece il minimalismo considera proibito tutto ciò che non è espressamente consentito).

Nel terzo capitolo viene presa in considerazione la via filosofica, che “è sostanzialmente legata allo studio dei paradossi, che ebbero un ruolo preminente in tre periodi storici: nell’antichità classica, nel Medioevo e a cavallo del Novecento.” Venivano chiamati paralogismi, «contro la logica», dai Greci; insolubilia «problemi insolubili» dai medioevali; i moderni li chiamano antinomie, «contro le regole», o paradossi «contro l’opinione corrente» e ciò è indicativo di una “loro progressiva rivalutazione: da puri e semplici errori di ragionamento, a indizi di problemi del senso comune.

Dal punto di vista logico, i paradossi si possono classificare in tre tipi. Sono negativi quelli che intendono rifiutare le premesse su cui si basano mediante una riduzione all’assurdo, neutri quelli che si accontentano di esibire argomenti corretti, ma sorprendenti e positivi quelli che si propongono di rafforzare le conclusioni attraverso ragionamenti inusuali, secondo la massima di George Bernard Shaw: «Esagerare per attirare l’attenzione».”

Si ricorda che una trattazione  esauriente dell’argomento si trova nel libro “C’era una volta un paradosso” dello stesso autore.

Nel quarto capitolo viene analizzata la via matematica, ricordando che sono stati i Greci a introdurre la distinzione fra enunciati e teoremi, “cioè tra affermazioni pure e semplici e affermazioni dotate di una dimostrazione. Come viene affermato negli Elementi di Bourbaki, che costituiscono l’analogo moderno dell’omonima opera di Euclide: «Dopo i Greci dire matematica vuol dire dimostrazione»”

Per i pitagorici, il cui motto era «Tutto è numero» ( nel senso che avevano ritenuto i numeri interi sufficienti a descrivere la natura), la scoperta della irrazionalità del rapporto fra la diagonale e il lato di un quadrato rappresentò la fine di un sogno, perché ebbero la dimostrazione che il mondo non era «razionale» (nel senso di «rapportabile» o «commensurabile»). La scoperta degli irrazionali portò, quindi, alla totale rimozione dell’aritmetica e alla sua reinterpretazione in termini puramente geometrici.

“Il primo a interessarsi sistematicamente del metodo matematico fu Aristotele nella metafisica e nell’Organon. Estrapolando il suo modello dalle dimostrazioni geometriche, egli diede un primo abbozzo della logica come scienza del ragionamento matematico: un abbozzo che negli ultimi due secoli si è trasformato in uno studio sistematico.

Aristotele dichiarò esplicitamente che, benché la logica traesse le sue origini dalla matematica, doveva comunque esserne considerata indipendente. Anzi, essa forniva una vera e propria fondazione della matematica, perché l’unico modo di stabilire la verità di un enunciato era appunto una dimostrazione logica a partire da assiomi considerati evidenti.

Gli Elementi di Euclide costituirono la prima realizzazione pratica di questo modello…”

Nel quinto capitolo l’autore precisa che la logica si è sviluppata nel corso di più di due millenni come una grande impresa collettiva (che ha coinvolto moltissimi pensatori) e si sofferma sulle “personalità più significative, che hanno indicato le strade maestre lungo le quali si è proceduto con successo”. Vengono ricordati, dunque, soprattutto Aristotele, gli stoici (tra cui Crisippo di Soli che forgiò gli strumenti essenziali della logica proposizionale, i quali vengono usati ancora oggi: le definizioni dei connettivi da un lato, gli assiomi e le regole fondamentali dall’altro), Gottfried Wilhelm Leibniz  ( che, all’età di vent’anni, nella sua  Dissertatio de Arte Combinatoria anticipò il metodo di aritmetizzazione, oggi una delle tecniche fondamentali della moderna logica matematica), George Boole (il cui manifesto pubblicato nel 1847, L’analisi matematica della logica, costituisce l’atto di nascita della moderna logica matematica; egli riuscì a descrivere completamente la teoria dei sillogismi in termini di equazioni algebriche e a esibire un procedimento meccanico per la loro soluzione, realizzando così, in questo campo, il sogno leibniziano del calculus ratiocinator), Gottlob Frege (che con il suo: l’Ideografia. Un linguaggio in formule del pensiero puro a imitazione di quello aritmetico mostrò che era possibile superare i confini della logica proposizionale e sillogistica, dai quali neppure Boole era uscito, sviluppando un sistema di assiomi e regole per la logica predicativa, anche se oggi viene usato il simbolismo sviluppato da Giuseppe Peano, simbolismo molto più snello, rispetto a quello scelto da Frege) e Kurt Godel (che è passato alla storia per aver dimostrato logicamente le limitazioni della matematica).

Nel sesto capitolo viene introdotto il linguaggio della logica proposizionale, specificando in particolare quali formule si debbano considerare grammaticalmente corrette. Dapprima vengono passate in rassegna le truppe della logica, che sono: la semiotica («scienza dei segni»), la sintassi («ordinamento» o «sistema»), che rappresenta l’insieme delle regole che determinano la validità di un giudizio sulla base della sua sola forma e la semantica, («scienza del significato»), che è l’insieme delle regole che determinano la verità di una proposizione sulla base del rapporto fra i segni e gli oggetti a cui si riferiscono “; esse  arruolano rispettivamente i segni, i sensi e i significati, determinandone le condizioni di correttezza grammaticale, validità formale e verità sostanziale.

Furono gli stoici a produrre una dettagliata analisi delle proposizioni non atomiche, distinguendo, in particolare, negazioni, congiunzioni, disgiunzioni e implicazioni, rispettivamente individuate dai cosiddetti  connettivi : «non»,  «e», «o» e «se».

La logica proposizionale è sostanzialmente la storia delle gesta di queste particelle linguistiche, che Odifreddi chiama “i quattro moschettieri”; essa “si interessa soltanto dell’analisi delle proposizioni composte attraverso i connettivi, delegando l’analisi delle proposizioni atomiche alla logica predicativa.”

Nel settimo capitolo viene affrontato il compito di separare, tra le formule grammaticalmente corrette, le vere dalle false, analizzando dettagliatamente il principio di non contraddizione, (non si può allo stesso tempo affermare e negare una stessa cosa), l’ex falso quodlibet (cioè da una contraddizione si potrebbe derivare qualunque cosa e la logica diventerebbe inutile), la nozione di conseguenza logica (che sta alla base del ragionamento), la reductio ad absurdum (usata, ad esempio, da  Zenone nel paradosso di Achille e da Pitagora nell’incommensurabilità della diagonale col lato del quadrato) e la consequentia mirabilis (che permette di dedurre una proposizione dal fatto che essa discende dalla propria negazione. “L’inizio della filosofia moderna si basa su un appello alla consequentia mirabilis, che sostiene l’intuizione cartesiana secondo la quale «ci sono affermazioni indubitabili». Se infatti fosse vero che «ogni affermazione è dubitabile», questo sarebbe un esempio di affermazione indubitabile.)

Nel capitolo ottavo viene trattato l’argomento centrale della logica, parlando, quindi,  esplicitamente dei significati delle proposizioni, che secondo la terminologia di Frege vengono chiamati valori di verità.

Il nono, il decimo e l’undicesimo capitolo sono più tecnici e in tali capitoli si parla di assiomi, regole e teoremi in molteplici sensi,  precisando anche il concetto di metalogica; vengono prese in considerazione anche le logiche non classiche, ricordando che “come l’estensione relativistica della meccanica newtoniana si ottiene considerando velocità trascurate, vicine a quelle della luce, così possibili estensioni della logica classica si ottengono considerando valori di verità trascurati diversi da vero e falso.” Vengono menzionate anche le logiche a più valori e la logica intuizionistica, che  estendono la logica classica, assegnando interpretazioni non classiche a disgiunzione e implicazione.

La logica modale si è sviluppata soltanto nel Novecento, grazie soprattutto a Clarence Lewis e Saul Kripke. Il primo ha effettuato uno studio sistematico della sintassi dei connettivi modali e il secondo ha sviluppato la semantica delle logiche modali mediante una formalizzazione dell’intuizione leibniziana dei mondi possibili.

Nel dodicesimo capitolo si passa ad analizzare la logica predicativa, per conoscere la struttura più profonda delle proposizioni atomiche. Si sottolinea che “il verbo essere è certamente la più importante e complessa parte del linguaggio, o almeno di ciò che si intende per linguaggio in Occidente” e il suo studio costituisce una parte essenziale della logica. Si distinguono le varie accezioni del verbo essere: veridica (x è vero); esistenziale (x c’è); copulativa (x è P); di appartenenza (x è un’y ); di inclusione (ogni x è un y); di identità (x è y).

Il capitolo tredicesimo “Qualcuno, nessuno e centomila” è dedicato allo studio dei quantificatori e vengono enunciate alcune loro proprietà elementari.

Nel quattordicesimo capitolo l’autore si sofferma a considerare la teoria dei sillogismi, che costituisce lo studio del verbo essere nel suo significato di inclusione e rappresenta il più profondo contributo dato da Aristotele alla logica.

Nel quindicesimo si passa allo studio della logica predicativa nella sua completa generalità, descrivendo anzitutto i quantificatori in maniera sia semantica che sintattica, per poi provare l’equivalenza delle due descrizioni mediante un teorema di correttezza e completezza.

Nel capitolo sedicesimo l’attenzione è posta sui legami della teoria degli insiemi con la logica, seguendo anche “il percorso storico che è  partito dall’ipotesi ingenua di una completa identità fra teoria degli insiemi e logica, ed è approdato alla tesi matura di una loro affine diversità, passando attraverso la crisi dei fondamenti di fine Ottocento e inizio Novecento.” 

Il capitolo diciassettesimo è dedicato alla dimostrazione del teorema di incompletezza di Godel; l’autore riconosce che “un teorema che tratta dell’impossibilità di dimostrare teoremi è una tipica espressione culturale del Novecento, un secolo che ha visto artisti di ogni genere descrivere le limitazioni di espressione del proprio mezzo mediante il mezzo stesso. Come esempi, valgano fra tutti Sei personaggi in cerca di autore di Luigi Pirandello in letteratura, 8 e ½ di Federico Fellini nel cinema, 4’ 33’’ di John Cage in musica e le tele monocrome di Yves Klein in pittura”.

Piergiorgio Odifreddi presenta alcune metafore del primo teorema di Godel, iniziando dalla teoria letteraria, per sottolineare come nessun testo descriva una realtà sufficientemente complessa in modo completo e cita, ad esempio, i Promessi sposi che non determinano quanti bambini abbiano avuto Renzo e Lucia, limitandosi a dire che «ne vennero poi col tempo non so quant’altri, dell’uno e dell’altro sesso».  Se l’opera descrive fatti possibili, ma inventati, non ha senso chiedersi se gli accadimenti lasciati indecisi siano veri o falsi (cioè quanti bambini abbiano avuto Renzo e Lucia); se invece l’opera “descrive una realtà di fatto, allora si può dire che gli aspetti non determinati dall’opera sono comunque determinati dalla realtà, e ci saranno quindi fatti veri che essa non descrive, né esplicitamente né implicitamente.

Opere letterarie, aspetti espliciti e impliciti e critica letteraria corrispondono metaforicamente a sistemi formali, assiomi e teoremi, e dimostrazioni. E il teorema di Godel dice che nessun sistema formale può descrivere una realtà matematica possibile e sufficientemente complessa in modo completo. Se poi si crede che i sistemi formali descrivano una realtà di fatto, com’è opinione dei platonisti, allora nessun sistema può dimostrare tutte le verità.”

Per la metafora del secondo teorema, viene fatto riferimento alla psichiatria, facendo l’osservazione che solo i pazzi possono credere di non essere pazzi. Se immaginiamo che qualcuno, urlando, dica: «Io non sono matto!», noi penseremmo che chi non è matto non ha generalmente necessità di farlo sapere. Insomma, da un matto ci si può aspettare qualunque affermazione, perciò anche quella di non essere matto: a patto, ovviamente, che egli abbia un livello minimo di espressione. “La scoperta di Godel fu che la stessa situazione si presenta per i sistemi formali. Un sistema è inconsistente se è matematicamente «matto» e da esso ci si può aspettare qualunque affermazione: cioè se esso prova qualunque formula. E i soli sistemi che provino la propria consistenza, cioè che affermino di non essere «matti», sono appunto quelli che sono inconsistenti: a patto, ovviamente, che essi abbiano un livello minimo di espressione.

Le metafore del teorema di Godel rappresentano ricostruzioni razionali a posteriori; esse mostrano come, col senno di poi, si possano oggi parafrasare in maniera, ad esempio letteraria o scientifica, alcuni aspetti di un risultato che, in origine, ebbe invece giustificazioni di natura matematica, legate alle quattro fondamentali proprietà metamatematiche dei sistemi formali:

  • Correttezza semantica: il sistema dimostra soltanto verità

  • Completezza semantica: il sistema dimostra tutte le verità

  • Correttezza sintattica: il sistema non dimostra una formula e la sua negazione

  • Completezza sintattica: il sistema dimostra una formula o la sua negazione."

Nel capitolo diciottesimo si argomentano, tra l’altro, i concetti inerenti a “L’homme machine” (analizzando storicamente il progetto di una completa automatizzazione o meccanizzazione del pensiero umano) e riguardanti “La machine homme” (ricostruendo storicamente la progettazione di macchine, alle quali delegare l’implementazione degli algoritmi del pensiero umano). “La prima seria automatizzazione di una parte del pensiero fu permessa dagli algoritmi per la logica proposizionale e sillogistica forniti dall’algebra booleana, che risultarono di facile implementazione…”

Nel diciannovesimo capitolo l’autore scrive: “Nei capitoli precedenti abbiamo dimostrato le profonde limitazioni intrinseche dell’aritmetica in quanto nessun sistema formale può catturare completamente la complessità dei numeri interi, che risultano essere in ultima analisi indefinibili. “Contrapposto al regno del discreto e dell’individualità esiste però, in matematica, un regno del continuo e dell’indistinguibilità: la geometria (euclidea), i cui punti sono invece tutti uguali fra loro. Un contrasto così profondo impedisce di tradurre direttamente i risultati di limitatezza dell’aritmetica e lascia aperta la possibilità,[…] che addirittura non valgano per la geometria: E neppure per l’analisi, cioè per la teoria dei numeri reali, alla quale la geometria può essere ridotta mediante l’uso di coordinate cartesiane.

Nel ventesimo capitolo si conclude la trattazione dei fondamenti della logica formale, estendendo la logica predicativa alla considerazione non solo di predicati di predicati, detti del second’ordine, ma anche di predicati di ordine arbitrario.

“…Apparentemente la logica risulta frammentata orizzontalmente e verticalmente: in classica, a più valori, intuizionistica o modale da un lato, e in proposizionale, predicativa, insiemistica, del second’ordine o tipata dall’altro. E discipline diverse ne studiano aspetti diversi: sintattici la teoria della dimostrazione,  semantici la teoria dei modelli e computazionali la teoria della calcolabilità.” In realtà tali apparenti isole dell’arcipelago sono messe in comunicazione tra loro da una rete di canali sottorranei, che l’autore ha analizzato a fondo in questo suo libro.

Concludo la  recensione di tale volume, di cui consiglio la lettura, per poter approfondire piacevolmente i concetti inerenti alla logica, poiché è innegabile la capacità dell’autore di esporre in modo chiaro e ben articolato gli argomenti trattati; prima del commiato, però, segnalo volentieri:

Rivolgo i miei sentiti ringraziamenti a Piergiorgio Odifreddi, che molto gentilmente ha letto a priori (prima della pubblicazione), e cortesemente approvato, la mia recensione.