Évariste Galois morì in seguito alle ferite riportate in
duello, il 31 maggio 1832. Non aveva ancora ventun’anni, ma
aveva già troppo vissuto. Come un eroe tragico, in cui
genio e stupidità si fondono insieme. Perché quella fine
così assurda? Ancora oggi, non si conosce esattamente il
motivo del duello, né l'identità dell'avversario. Forse una
provocazione da parte di un nemico politico: legato ai
movimenti radicali, Galois conobbe anche il carcere a causa
delle sue idee e azioni rivoluzionarie. Forse solo una
questione di donne. Forse a ucciderlo fu davvero un amico
intimo, come ipotizza questa libera rivisitazione teatrale
della sua biografia. Si dice che, certo di andare incontro
alla morte, Galois passò la notte precedente il duello a
scrivere una lunga lettera-testamento e, soprattutto, a
riordinare – freneticamente – i suoi manoscritti di algebra,
aggiungendo in margine a uno dei teoremi una frase che è
passata alla leggenda, insieme alle circostanze oscure della
sua morte: «C'è qualcosa da completare in questa
dimostrazione. Non ne ho il tempo».
Scritto da un giovane autore italiano e già sperimentato dal
Teatro Stabile di Genova in forma di
mise en espace,
Galois è un testo teatrale che s’inserisce con piena
legittimità nel circolo ristretto dei testi affascinati
dalle personalità e dal pensiero dei grandi matematici e
scienziati, cui appartengono opere quali
Partition di
Ira Hauptman,
Proof di David Auburn,
Arcadia
di Tom Stoppard e anche
Copenhagen di Michael Frayn,
che il pubblico genovese ha potuto vedere nella scorsa
stagione. E poi ci sono i film, tanti e sovente di successo:
da
Enigma a
A Beautiful Mind, sino a
Π
– Il teorema del delirio,
Will Hunting –
Genio ribelle e
Genio per amore, senza
dimenticare
I ragazzi di Via Panisperna,
Morte di
un matematico napoletano e, ovviamente,
Non ho tempo
di Ansano Giannarelli che, con la complicità di Edoardo
Sanguineti, già raccontava da un’angolazione molto
particolare la vita e le esperienze politiche di Évariste
Galois.
Genio dell’algebra moderna
Évariste Galois (Bourg-la-Reine 1811 - Parigi 1832) è il
matematico francese noto per aver elaborato la teoria dei
gruppi, che ne fa uno dei padri dell’algebra moderna. Mentre
era ancora studente, presentò all'Accademia delle Scienze
alcuni saggi sulle frazioni continue e sugli insiemi
numerici che non furono però tenuti in considerazione. Per
due volte gli venne rifiutata l'ammissione all'École
Polytechnique, il più importante istituto di matematica
francese; fu tuttavia ammesso all'École Normale. Si dedicò
all'attivismo politico e nel 1831 venne arrestato per le sue
idee palesemente repubblicane ed espulso dall'École Normale.
Poco prima della morte, Galois stese di getto alcune delle
sue teorie algebriche, e solo la pubblicazione postuma dei
suoi manoscritti (1846 e 1870) gli valse la fama di
matematico geniale.
Una vita affascinante quella di Évariste Galois. Ma come
farla rivivere in teatro? Come coniugare la biografia e la
leggenda? Facendosi guidare dalla Storia, certo. E
dall'Algebra. Ma raccontandole concedendosi anche la più
totale libertà, per portare in primo piano la tragedia di un
uomo, un ragazzo, che a vent'anni ha già vissuto tre vite:
quella del matematico, quella del rivoluzionario e quella
dell'innamorato. E che, bruciato dalla passione, stanco e
sicuro di aver fallito in ognuna di loro, non sa avere più
tempo di viverle ancora (Luca Viganò)
Avevo al
liceo un grande professore di Matematica. Amava la nostra
voglia ribelle («Sta a voi cambiare il mondo, giovanotti!»)
e ci rimpinzava d'algebra. Sorrideva della nostra sete
d'amore («Sembrate dei ciuchini innamorati!») e ci inebetiva
di geometria. Stuzzicava la nostra fame di conoscenza (
«Allora, bimbe e bimbi, non è poi così una bischerata la
matematica?»), ma quando vedeva che la sua materia diventava
per noi un'arida ossessione, una maniacale vocazione, un
esercizio fine a se stesso, ci faceva di colpo una lezione
di storia o ci leggeva una poesia di Pascoli («Non ditelo
alla professoressa di'Italiano!»)
Un giorno ci
parlò di Évariste Galois, questo genio della matematica,
questo giovane disperato, questo ribelle inadeguato alla
vita.
Ci commosse
con la storia di questo adolescente, così simile a noi, così
affamatoe assetato come noi, così più intelligente e
infelice di noi.
Ci disse che
in ogni scuola, in ogni classe dove dei "bischerelli"
cercavano la verità, ci doveva essere sempre un banco libero
per Évariste.
E da quel
giorno quando faceva l'appello, fra Franceschi e Girmante,
lui chiamava Galois.
In certi
giorni ci sembrava di sentir rispondere: «presente!» (Marco
Sciaccaluga)" (Tratto da "Teatro stabile di
Genova - stagione 2004/2005")
Segnalo il
link, per chi volesse visionare la locandina:
http://www.teatro-di-genova.it/listaproduzioni.php