Ultimo aggiornamento: 02/06/2006

 
     

Gabriele Lolli, “QED – Fenomenologia della dimostrazione”, Bollati Boringhieri, Prima edizione marzo 2005 (Pagine 182)

“QED”, presente nel titolo del libro, rappresenta l’acronimo di “Quod erat demonstrandum” (Come era da dimostrarsi, come doveva essere dimostrato)”, che è l’equivalente, in italiano di “c.v.d. (come volevasi dimostrare)” ed è l’espressione con cui i matematici sono soliti chiudere una dimostrazione.

In matematica le dimostrazioni hanno importanza prioritaria, ma paradossalmente, come sottolinea l’autore, manca una considerazione teorica, come invece è stata almeno tentata, ad esempio da G. Polya, per le euristiche di risoluzioni di problemi. Nella Premessa, a pagina 7, si legge: “[…] Non si sa neanche dare una definizione che accontenti tutti; quelle che circolano o sono prese dalla tradizione filosofica o deviano verso polemiche sterili sul ruolo o non ruolo della logica. Nella filosofia della matematica si discute di questioni ontologiche o epistemologiche, di realtà e di conoscenza, ma non delle dimostrazioni […]”. L’insegnamento, invece, non può fare a meno delle dimostrazioni, proprio come non è possibile fare a meno della vanga nella vigna.[...]"

Ritenendo che, per studiare le dimostrazioni, sia necessario avere presenti molti esempi, l’autore ne offre moltissimi, talvolta entrando approfonditamente nei dettagli tecnici, rendendo particolarmente impegnativa, per i non addetti ai lavori, la lettura del testo. “Per impostare una teoria è necessario iniziare con una fenomenologia” e Gabriele Lolli illustra una grande varietà di esempi, esaminando le dimostrazioni da tre punti di vista: il primo riguardante le funzioni della dimostrazione (nella costruzione della matematica), il secondo inerente alle strategie di argomentazione (nella scrittura delle dimostrazioni) e il terzo è quello degli stili di dimostrazione (nelle diverse discipline).

La considerazione dei molteplici aspetti delle dimostrazioni “dovrebbe convincere chi studia, chi insegna e chi fa matematica che la logica deve essere studiata in simbiosi con la matematica, e viceversa, e che non è un sistema rigido di norme quanto un arsenale di strumenti”.

Gabriele Lolli insiste sulla necessità che si comprenda e si chieda la ragione e la funzione dei vari formalismi, altrimenti il pluralismo dei linguaggi si trasforma in una cacofonia. Egli precisa che questo libro è nato da una frustrazione, avendo constatato come la logica, se privata della sua ragion d’essere, finisca per diventare, per gli studenti, soltanto un altro formalismo da affiancare ai tanti già appresi, quelli dell’algebra, dell’analisi, della programmazione.

L’origine occasionale, remota, del libro è dovuta, invece, “a un ciclo di lezioni tenute alla scuola Epistemologia della matematica per la didattica, Levico Terme (TN), 8-9 febbraio 1999, organizzato dal Progetto di Didattica della matematica coordinato da F. Arzarello, dove è stato impostato il discorso qui approfondito nel capitolo 2. 

Il capitolo 1 è un ampliamento e sviluppo di un intervento al convegno Processo alla prova, CISap, Palermo, 8-9 giugno 2004”. 

Il capitolo 3 ricalca una parte del corso di logica matematica tenuto da Gabriele Lolli stesso.

Il quarto capitolo è dedicato agli stili di dimostrazione e il quinto presenta Una morale, ricavata dalla precedente carrellata di dimostrazioni: “poiché le dimostrazioni si presentano con stili ben caratterizzati a seconda dei settori disciplinari, per insegnare a fare dimostrazioni, o anche soltanto per apprezzarle, è auspicabile una frequentazione dei diversi campi della matematica […] Bisogna tuttavia che le persone abbiano gli strumenti per riconoscere ed esplicitare le differenze che le colpiscono. Nella fruizione artistica si presenta un analogo problema di educazione; il diverso godimento che si prova davanti a un Van Gogh o a un Warhol non può essere lasciato alle pure sensazioni; diventa più profondo se diventa più consapevole, se si hanno gli strumenti culturali per confrontare non solo momenti storici, ambienti, intenzioni ma anche le tecniche degli autori. Nel caso delle dimostrazioni le tecniche sono le logiche. […] Le logiche sono il modo di funzionare della nostra testa […] Per fortuna la nostra testa è capace di funzionare in diversi modi. Non si deve essere vincolati a una sola impostazione, soprattutto nell’insegnamento […] Le varie riforme sperimentate nei paesi occidentali privilegiano ora l’una ora l’altra disposizione, una volta i calcoli, una volta le astrazioni, oppure la soluzione dei problemi. La risposta invece sta nella loro compresenza, o addirittura contrapposizione; le persone bisogna sorprenderle.”

Come ribadisce l’autore “sono le dimostrazioni che sorprendono, non i fatti.” I matematici si sorprendono per i risultati di una dimostrazione che rende comprensibile e chiaro un determinato concetto. La “sorpresa” ha inizio quando un “fatto” matematico non risulta isolato, ma proprio attraverso una dimostrazione si arriva alla generalizzazione, sussumendo il “fatto” considerato sotto un risultato generale.