Ultimo aggiornamento: 13/12/2005 |
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Edmund
Husserl, “FILOSOFIA DELL’ARITMETICA“, Traduzione a
cura di Giovanni Leghissa, Bompiani, Prima edizione: ottobre 2001 A
pagina 13 del testo c’è un’interessante introduzione critica di
Giovanni Leghissa dal titolo Alle origini del «vedere fenomenologico», in cui vengono presentate la biografia, la
carriera scientifica e le opere di Edmund Husserl, fondatore della
fenomenologia. “Secondogenito
di una agiata famiglia ebraica della cittadina morava di Prossnitz […],
ove nacque l’8 aprile del 1859”, dopo gli studi ginnasiali Husserl si
recò a Berlino per studiare matematica sotto la giuda di Karl Weierstrass;
terminò gli studi a Vienna, discutendo una tesi di argomento matematico,
dal titolo Contributi al calcolo delle variazioni e proprio a
Vienna ebbe luogo l’incontro decisivo con Franz Brentano (a cui è
dedicato questo libro Filosofia dell’aritmetica). Fu
l’entusiasmo suscitato dall’ascolto delle lezioni di Brentano a
convincere Husserl ad abbandonare la matematica per incamminarsi sulle vie
della riflessione filosofica. Soggiornò, poi, a Halle dove strinse
rapporti di profonda amicizia con Georg Cantor, dove preparò il lavoro di
abilitazione, intitolato “Sul concetto di numero” e dove rimase
fino al 1901, anno in cui ottenne il posto di professore straordinario
presso l’università di Gottinga. La
Filosofia dell’aritmetica rappresenta il primo importante
lavoro di Husserl, pubblicato nel 1891, e “dal ripensamento delle
difficoltà irrisolte, in esso contenute, maturò quel cammino che lo
condusse alla stesura delle Ricerche logiche, il capolavoro che gli
procurò finalmente fama e riconoscimenti. Nella Filosofia
dell’aritmetica confluì lo scritto di abilitazione sul concetto
di numero e, stando a una testimonianza dello stesso Husserl, questo primo
saggio è per la gran parte frutto di una serie di riflessioni che
risalgono grosso modo al periodo che precede l’arrivo a Halle, quindi
agli anni 1986-87.” Il volume è diviso in due parti: I concetti propri di molteplicità, unità e numero cardinale e I concetti simbolici di numero cardinale e le fonti logiche dell’aritmetica dei numeri cardinali. Concentrando la sua attenzione sul numero cardinale, Husserl prende posizione a favore delle tesi del suo maestro, Weierstrass, polemizzando, in modo pacato, ma deciso, nel corso dell’opera, nei confronti di chi poneva nel numero ordinale la base dell’edificio aritmetico. “Cominciamo a vedere come Husserl definisce il numero: esso è una molteplicità di unità. Subito dopo aver esposto questa definizione, già nel primo capitolo, viene risolto il problema che riguarda la genesi del concetto di molteplicità. […] Le molteplicità prese in esame ora riguardano gli insiemi di oggetti che incontriamo ogni giorno, insiemi che tutti noi cogliamo immediatamente come tali. […] Sia che si tratti di oggetti concreti o di oggetti prodotti dalla fantasia, poco importa: con qualunque tipo di oggetti possiamo formare degli aggregati.” Riguardo agli atti mentali che portano alla formazione del concetto di aggregato, grazie a un peculiare processo astrattivo noi saremmo in grado di cogliere riflessivamente il peculiare tipo di collegamento che tiene assieme gli oggetti che formano l’aggregato. “Cosa ci porta a datità la rappresentazione di un aggregato qualsiasi, non appena riflettiamo su di essa? Questa è la risposta: il fatto che l’aggregato formi un intero.” Nulla ci costringe a soffermarci sui singoli oggetti presenti nella rappresentazione, dal momento che nella rappresentazione dell’aggregato è ben possibile soffermarci sull’aggregato in quanto tale, cioè in quanto intero. Husserl introduce il concetto di “collegamento collettivo” per designare il tipo peculiare di legame che unisce gli oggetti contenuti nella rappresentazione dell’aggregato. Si tratta, dunque, di un legame che “non dipende in alcun modo dalla natura o dalle proprietà dei singoli oggetti rappresentati.” Per comprendere che cosa s’intenda con ciò, basta pensare ai punti di una linea, o ai momenti di una durata temporale: tutti questi interi sono unificati in modo omogeneo e Husserl, nella sua analisi, ha di mira proprio tale omogeneità del congiungimento, rivelabile in ciascuno degli esempi citati. “In questa fase […] Husserl è semplicemente convinto
che analizzare le esperienze che si hanno della molteplicità e del numero
sia di per sé un chiarimento di cosa siano molteplicità e numero.[…] Mentre nella considerazione della molteplicità ci si ferma alla massima indeterminazione che accomuna tutti gli aggregati e ci si accontenta di avere «un qualcosa un qualcosa un qualcosa e così via», quando invece vogliamo uscire da tale indeterminatezza e vogliamo delimitare a quale varietà appartenga una molteplicità determinata, allora dobbiamo far ricorso ai numeri.” Questo è il rapporto che, per Husserl,
esiste tra molteplicità e numero cardinale. Come afferma Husserl
stesso, molteplicità e numero cardinale hanno lo stesso Gehalt, cioè
sono concetti che rimandano a contenuti strutturalmente affini. La
molteplicità scaturisce da un interesse che non punta a particolari
differenziazioni in seno all’aggregato dato, invece il numero cardinale
presuppone una differenziazione in seno alle forme astratte della
molteplicità e tale differenziazione viene espressa nelle serie numeriche
con le quali definiamo l’esatta quantità degli insiemi concretamente
presenti. Nel
decimo capitolo, dal quale ha inizio la seconda parte del libro, Husserl
chiarisce che in matematica non si opera con concetti numerici, ma
solamente con rappresentazioni simboliche di numeri e si interroga sulla
natura delle rappresentazioni simboliche in generale. L’assunto finale
di tutta la Filosofia dell’aritmetica è il seguente:
l’edificio aritmetico
altro non è che Rechenkunst, arte del calcolo. L’aritmetica
“vede assicurata la certezza del proprio operare dal fatto che siamo
sempre in grado di trattare tecnicamente ogni problema aritmetico con
l’ausilio di un sistema di segni definito da precise regole di
costruzione.” Giovanni
Leghissa riconosce che manca in questo lavoro di Husserl l’analisi di
quale logica sia necessaria per spiegare l’interconnessione tra tecniche
di calcolo e aritmetica. “Dopo essere approdato alla conclusione che
l’aritmetica è essenzialmente una trasformazione di simboli, Husserl
non ci dice nulla di come e perché certi algoritmi siano in grado di
procurarci nuove conoscenze. […] Ma è un fallimento fecondo:
dall’intima contraddizione contenuta nell’opera del 1891 Husserl sarà
spinto a rivedere globalmente la sua teoria della rappresentazione e a
cercare nuove vie per definire il tipo di intuizione che abbiamo delle
categorie matematiche quando costruiamo con esse dei giudizi…” Reputo che questo libro possa essere letto volentieri da coloro che siano interessati alle argomentazioni della filosofia della matematica. | ||