Ultimo aggiornamento: 28/12/2006

 
   

Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi, “MATEMATICA IN CAMICIA NERA – Il regime e gli scienziati”, 2005 Paravia Bruno Mondadori Editori (Pagine: 279)
Questo libro è dedicato alla Matematica e ai matematici italiani nel periodo tra le due guerre mondiali.
Nel Prologo viene presentata, in modo organico, la Matematica italiana degli anni relativi al primo mezzo secolo dell’Italia come Stato Unitario, periodo di intensi sforzi “per raggiungere standard di vita e indici economici vicini a quelli degli Stati più evoluti, in una continua rincorsa dovuta a una partenza ritardata e alla disomogeneità e arretratezza di vaste aree, che danno un carattere territorialmente limitato alla base industriale.” Affronta notevoli tensioni sociali e conosce la crisi economica dell’ultimo quarto di secolo; affronta le avventure coloniali nell’Africa orientale e riprende un buon ritmo dello sviluppo agricolo e industriale negli ultimi anni del secolo fino al 1908. E il boom di quest’ultimo decennio riguarda anche la matematica dato che il 1908 rappresenta l’anno del quarto Congresso internazionale dei matematici a Roma.

All’inizio del Novecento la vivacità della Matematica italiana è notevole. “I contributi nei vari campi di ricerca, il livello raggiunto nel ranking internazionale e, ancora, la rapidità con cui una simile posizione è stata ottenuta sono tutti elementi fortemente positivi.“ In una disciplina che comincia a differenziare in modo sensibile i diversi ambiti di ricerca non è facile segnalare un lider maximo, ma si reputa doveroso citare prioritariamente, quale figura eminente per la Matematica italiana a cavallo fra Otto e Novecento, Vito Volterra, sia per la sua autorevolezza scientifica in un’area a cavallo tra analisi e fisica matematica, sia per il prestigio di cui gode anche al di fuori dei confini nazionali, sia, infine, per la sua infaticabile attività pubblica (politica, organizzativa e divulgativa).
L’Italia figura ancora al terzo posto, all’inizio degli anni venti, negli appunti di Birkhoff, un matematico statunitense, particolarmente interessato alla realtà europea. A suo avviso, Roma è il secondo centro mondiale dopo Parigi.
Gli autori descrivono, in modo attento e particolareggiato, come si è formata nelle sue strutture concettuali, nella sua organizzazione e a livello istituzionale quella matematica che ha poi decisamente orientato gli sviluppi della seconda metà del secolo e anche quelli attuali. “Gli anni trenta sono stati, nel mondo, anni di grande matematica. Sono nate nuove discipline e nuove teorie e, per molte altre, si sono poste le premesse dirette degli sviluppi moderni. […] L’evoluzione del concetto di modello è stata particolarmente accelerata. La certezza della matematica ha acquisito nuovi significati.”
I matematici sono stati una delle punte più significative dell’intellettualità italiana e lo studio delle loro vicende, umane e culturali, apporta nuovo materiale documentario all’analisi dei rapporti tra cultura e politica.
Anche nella storia della Matematica italiana tra le due guerre mondiali ci sono matematici che identificano il loro potere con la gestione della situazione esistente e che si trasformano in Yes-men e in burocrati sostenitori dell’establishment, ma ci sono anche altri matematici che sanno resistere alle tentazioni di coinvolgimento in un potere a loro moralmente estraneo.
Benché sia impresa ardua descrivere la Matematica (del periodo storico considerato dagli autori), per lo specialismo dei suoi vari linguaggi e nonostante Weyl abbia ammesso che nessuno è in grado di scrivere una storia della matematica del XX secolo, gli autori hanno mirato a una descrizione autentica, con nomi e cognomi, seguendo la classica tripartizione ottocentesca, concentrando l’attenzione su geometria, analisi e fisica matematica.
Negli anni venti e trenta, la scuola italiana di geometria algebrica è rappresentata da Francesco Severi e da Federigo Enriques e dai loro manuali. “L’incapacità di prolungare lo stato di grazia di inizio secolo, con nuovi risultati originali, è il sintomo più chiaro che l’edificio innalzato dai geometri italiani avrebbe ora bisogno di una nuova «tecnologia» per continuare a crescere”. Francesco Severi conosce i nuovi linguaggi algebrici e funzionali, ma non riesce a porli al centro della sua ricerca, come elemento propulsivo; gli italiani vengono, così, accusati di scarso rigore e si giungerà nel 1954 all’aspra polemica contro Francesco Severi da parte di Samuel e Weil durante il Congresso internazionale di Amsterdam.
Ora, l’Analisi italiana (che prima si identificava con Vito Volterra) è rappresentata soprattutto da Tonelli e Picone. Inoltre è alla scuola di Picone che si formano Caccioppoli, con cui rinasce in Italia l’interesse per l’analisi funzionale e Cesari, che soprattutto nel dopoguerra sarà uno dei matematici italiani più stimati in sede internazionale.
La fisica matematica viene identificata con la figura di Levi-Civita e viene sottolineato l’alto impegno di tale personaggio per la diffusione e l’interpretazione delle nuove idee (si pensi alla relatività) che mutano, in questi decenni, il volto della fisica.
Tra il 1940 e il 1946 muoiono Volterra, Levi-Civita, Enriques e Tonelli; solo Severi e Picone sopravvivono alla fase della seconda guerra mondiale e saranno loro a costituire la principale linea di continuità della nuova Matematica italiana, con quella degli anni venti e trenta.
I fili conduttori presenti in questo volume sono i seguenti:

1)     la valutazione dello stato della Matematica italiana

2)     la descrizione dei suoi principali attori

3)     le esternazioni dei matematici e i rapporti della disciplina con il contesto socio-politico.

È stata, dunque, inserita l’analisi di tali rapporti nella più generale e discussa questione delle interazioni tra cultura e fascismo. L’analisi del mondo matematico ha offerto nuovo materiale e spunti di riflessione e, giustamente, una sintesi dei rapporti tra cultura e politica in Italia, nel ventennio fascista, non può prescindere dal prendere in attenta considerazione le culture scientifiche.
Gli esempi più illustri di matematici fascisti, che hanno espresso il loro consenso al regime, sono quelli di Severi e Picone. Altri, come Volterra e Levi-Civita, si sono dichiarati antifascisti, ma mancano quegli episodi di esplicita resistenza, che si incontrano, invece, nella Matematica francese. Insomma, anche i matematici imparano la retorica ripetitiva del “fascistese” e si adeguano al codice particolare esibito nella sfera cerimoniale.
Va ricordato che da parte del regime ci sono stati atti politici che hanno coinvolto anche la matematica (ad esempio il giuramento del 1931, di cui si parla nel capitolo 6 e le leggi razziali, a cui è dedicato il capitolo 8)
Si può parlare di tentativi, da parte del fascismo, di promuovere una “via fascista” della matematica solo (e limitatamente) in due casi:

1)  quando esso preme a favore di una “matematica applicata”, che risponda concretamente ai bisogni del Paese, contro una cultura sterile di intellettuali isolati nel loro mondo astratto

2)  quando Mussolini trasforma la statistica, avendone compreso l’importanza quale instrumentum regni.

Il fascismo, comunque, non ha il tempo (15-20 anni sono stati un periodo troppo breve) per elaborare una sua propria posizione in tema di ricerca matematica.
Appare, dunque, problematico attribuire al fascismo la responsabilità del declino della Matematica italiana, rispetto al periodo aureo a cavallo tra Otto e Novecento e rispetto alle scuole nazionali più influenti del periodo. Tali responsabilità sono da individuarsi piuttosto nel fatto che nei decenni venti e trenta l’Italia è uno Stato giovane, con un patrimonio scientifico limitato in qualche “punta”, privo delle necessarie infrastrutture culturali e sociali che trasformino il fenomeno isolato in una regola.
Appare chiaro che gli autori si sono occupati di esplorare il mondo scientifico da cui direttamente deriviamo (per meglio comprendere l’oggi, cioè l’epoca in cui viviamo) cercando di capire quali sono le leve che possono esaltare o deprimere un tessuto scientifico, in una situazione storica cronologicamente vicina alla nostra.
Comunque, giungono alla conclusione che, dopo l’esperienza del fascismo, in Italia la figura del matematico è costituzionalmente diversa da quella che risultava prima del ventennio. Non si accettano invasioni di campo: anche i matematici devono rimanere al loro posto e pensare a dimostrare teoremi, perché il ruolo dirigente spetta alla classe politica. Nella struttura accademica non c’è posto per il dissenso e il ruolo del docente universitario è quello di fedele funzionario dello Stato e la sua autorevolezza è sempre più un’investitura dall’alto grazie ai meriti acquisiti in termini di obbedienza. È con tale eredità che la nuova Italia, alla fine della seconda guerra mondiale, deve fare i conti.

Note sugli autori
Angelo Guerraggio è docente di Matematica generale e di Metodi matematici per l’analisi economica presso la Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria di Varese e l’Università “Bocconi” di Milano. I suoi interessi di ricerca, i suoi libri e le sue pubblicazioni riguardano la programmazione matematica e la storia della Matematica. È coordinatore del Centro Pristem-Eleusidell’Università “Bocconi” e codirettore della rivista trimestrale “Lettera Matematica Pristem”. Per Bruno Mondadori dirige la collana “Matematica e dintorni”.
Pietro Nastasi insegna Storia delle Matematiche all’Università di Palermo.Dirige la rivista “Pristem/Storia. Note di Matematica, Storia, Cultura”. Tra le sue pubblicazioni: Gentile e i matematici italiani. Lettere 1907-1943 (con A. Guerraggio, Bollati Boringhieri, Torino 1993); Scienza e razza nell’Italia fascista (con G. Israel, il Mulino, Bologna 1998); Aspetti di Meccanica e di Meccanica applicata nella corrispondenza di Tullio Levi-Civita (1873-1941) (con R. Tazzioli, Quaderni Pristem 2003).