Ultimo aggiornamento: 02/06/2006 |
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ARTE ED ILLUSIONE IN M.C. ESCHER
Il 2002 sarà ricordato come l’anno del grande disegnatore olandese Maurits Cornelis ESCHER. È ricorso, infatti, il trentennale della morte di questo grande artista contemporaneo, scomparso nel 1972, a cui il suo paese ha dedicato un intero Museo a L’Aia, visitabile anche in rete (all’indirizzo web: www.escherinhetpaleis.nl). Ma chi era esattamente M.C. ESCHER? C’è chi lo ha definito grafico, chi artista, chi matematico: o forse è tutte e tre queste cose messe insieme! Di certo, sappiamo che la sua geniale personalità creativa ha dato vita ad interessanti, paradossali ed illusori ingegnosi esercizi di geometria e psicologia applicata. Queste le parole con le quali si esprime, nel 1961, Ernst H. GOMBRIC, il famoso storico dell’arte, il primo a capire il genio di ESCHER, ispirato a geometrie allucinate e sempre in cerca di sortilegi matematici. Tra le opere più conosciute di M.C. ESCHER, non possiamo non menzionare la litografia Mani che disegnano del 1948. Mani che disegnano
Raffigura due mani, ognuna impegnata a disegnare l’altra, entrambe disegnate su un foglio di carta, a sua volta fissato con puntine su una tavola da disegno. La litografia presenta diversi elementi paradossali, il più evidente dei quali è il circolo vizioso dell’autoreferenza, dovuto al fatto che ognuna delle mani sta disegnando l’altra. In Mani che disegnano, e in molte altre opere, ESCHER rende evidente a chi osserva che ogni disegno è una forma di illusione. Tuttavia in ESCHER questo inganno è sviluppato con tale logica visiva che all’osservatore non possono sfuggire gli effetti contraddittori prodotti. Molte delle sue opere sono costruite formalmente come paradossi logici. Sembrano basate su premesse vere (le immagini) per mezzo di ragionamenti corretti (la composizione), e tuttavia portano a conclusioni contraddittorie (mondi impossibili). La direzione principale verso cui si sviluppa maggiormente l’interesse di ESCHER per il paradosso è, senza dubbio, quella percorsa con i disegni periodici detti tassellature. Una tassellatura piana consiste, essenzialmente, nella suddivisione di una superficie bidimensionale in una quadrettatura periodica o in un modello a mosaico. Questa è stata considerata da ESCHER come la più ricca fonte d’ispirazione che abbia mai scoperto. Egli stesso annota:”…La linea di confine tra due forme adiacenti ha una doppia funzione e tracciare una linea del genere è molto complicato. Da una parte e dall’altra di essa, simultaneamente, prendono forma due figure. Ma l’occhio e la mente umana non possono essere occupati con due cose allo stesso tempo e così vi è un continuo e velocissimo salto dall’una all’altra. Questa difficoltà è forse il vero motivo della mia perseveranza…” . Così, in molte sue composizioni, gli elementi che funzionano inizialmente da figure diventano ciclicamente sfondo e così via senza fine; si crea in questo modo un equilibrio dinamico in cui tuttavia vi è sempre un rapporto tra figura e sfondo. Nella litografia bivalente Il giorno e la notte del 1938 Il giorno e la notte
la chiave di lettura è proprio il rapporto tra figura e sfondo, o meglio lo spostamento visuale impercettibile tra sfondo e figura. In basso, al centro del disegno, si vede un semplice modello a scacchiera di campi romboidali. Alzando lo sguardo verso il centro del quadro, queste forme geometriche si trasformano, in pochi passaggi, in un mosaico piatto di uccelli bianchi e neri e, infine nella rappresentazione tridimensionale degli uccelli. Gli uccelli bianchi che traversano l’oscurità volando verso il fiume nero vengono dall’altra parte del mondo dove c’è ancora la luce del giorno e dove gli uccelli neri volano nella direzione opposta. E se cerchiamo di individuare la linea che separa una metà dall’altra ci accorgiamo che non esiste. Leggendo il giorno scacciamo la notte dal centro della pagina e, inversamente, la lettura notturna cambia gli uccelli neri del centro in lembi di sfondo neutro. Quali forme isoliamo per identificarle dipende dal punto di vista da cui partiamo. Si può pensare quello che si vuole del gusto artistico di ESCHER, ma le sue stampe costituiscono un vero e proprio corso sulla psicologia della percezione e sul rapporto fra la percezione e l’arte. La sua attrazione per i disegni a tasselli viene decisamente rafforzata anche dal suo crescente interesse verso la psicologia della forma (Gestalt), molto in voga negli ambienti intellettuali europei alla fine degli anni Trenta. ESCHER impara, così, a trasformare le sue immagini da bidimensionali in tridimensionali, e a variare i contrasti di luce per creare una opportuna percezione tra figura e sfondo. Leggiamo, ancora, in alcune sue annotazioni:”…Ripetizione e moltiplicazione, due parole semplicissime. Tuttavia la totalità del mondo che ci è possibile percepire attraverso i nostri sensi, conoscerebbe una disintegrazione caotica se non potessimo riferirci a queste due nozioni. Come ci sembra senza speranza e inaccettabilmente impietoso questo mondo non appena ce ne astraiamo. Tutto quello che amiamo, impariamo, mettiamo in ordine, riconosciamo ed accettiamo, noi lo dobbiamo a queste due nozioni, Ripetizione e moltiplicazione…”. Successivamente ESCHER incomincia ad usare figure impossibili nei suoi lavori grafici. Una figura impossibile è un disegno che rappresenta qualcosa che non può esistere nel mondo reale. Tra le più famose di queste figure, una assai nota è il triangolo impossibile di PENROSE (che, dalla metà degli anni Ottanta, per diversi anni è stata anche il logo della copertina di Magia Moderna n.d.a.), disegnato nel 1958, insieme alla scala impossibile, da L.S. PENROSE, studioso inglese di genetica, e da suo figlio Roger, matematico e fisico. Triangolo impossibile
Ad una prima osservazione l’oggetto (il triangolo impossibile) appare simile ad un triangolo equilatero, ma con un esame più attento ci si rende conto che ogni angolo è retto e che i tre angoli sono stati posti in relazione reciproca per mezzo di una disposizione spaziale impossibile nel mondo reale. Quando ESCHER conosce la figura impossibile dei PENROSE, le dà ampio risalto nella sua litografia Cascata del 1961. Cascata
La struttura essenziale di Cascata presenta tre triangoli impossibili collegati tra loro. I dettagli del disegno di ESCHER aiutano a creare l’illusione che l’acqua continui ad allontanarsi da noi: in realtà non vi sono effettivamente angoli tridimensionali nel disegno, come non ve ne sono nel triangolo impossibile. ESCHER ci distrae con l’abile uso della prospettiva nelle strutture della costruzione e nel paesaggio. L’interesse di ESCHER per le figure impossibili si coglie anche in altre opere. Nella famosa litografia Salire e scendere, del 1960, Salire e scendere
egli mostra un altro mondo paradossale, in cui due file opposte di figure incappucciate, simili a monaci, salgono e scendono contemporaneamente un insieme rettangolare di scale. A uno sguardo più attento ci si accorge che i monaci che salgono risultano sempre salire, mentre quelli che scendono risultano sempre scendere. Nonostante la struttura rettangolare della scala sia chiusa, il paradosso visivo permane, per cui si può continuare a salire o scendere senza andare più in alto o più in basso! La struttura della scala di Salire e scendere si basa, essenzialmente, su una scala impossibile di PENROSE, che mostra, in pratica, l’illusione detta dello Strange Loop (letteralmente “un anello strano”). Scrive, infatti, HOFSTADTER:”… Il fenomeno dello Strange Loop consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salendo o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza. Il salire una scala e ritrovarsi ai piedi della scala. E’ un fenomeno che ESCHER ha disegnato, che BACH ha messo in musica, e che GODEL ha posto al centro del teorema che porta il suo nome ESCHER, scomparso nel 1972, non ha avuto il tempo di imbattersi nella grande diffusione della computer grafica, sebbene avesse già partecipato alla realizzazione di un breve filmato in cui alcune delle sue opere erano state animate con la tecnica del passo uno. Tuttavia, una delle prime animazioni al computer mai realizzate è proprio quella della scala impossibile di PENROSE, che la Bell Laboratories realizzò negli anni Sessanta. Sarà poi Douglas R. HOFSTADTER, con il libro Godel, Escher, Bach: una Eterna Ghirlanda Brillante (il libro ha vinto il premio Pulitzer), a legare il nome di ESCHER a quello della intelligenza artificiale.
B i b l i o g r a f i a N. FALLETTA, Il libro dei paradossi, Longanesi, Milano 1989; M. EMMER, Il teorema di Escher, articolo apparso su “L’Unità” anno 79, n. 350, del 28/12/20
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